Processo Scazzi. Misseri insiste: “Ho ucciso io Sarah”

 

 

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di Erika Crispo

Michele Misseri torna ad accusarsi dell’omicidio di Sarah Scazzi. Quella del 5 dicembre è stata la trentesima udienza del processo che vede alla sbarra 9 imputati tra cui Sabrina Misseri e Cosima Serrano, accusate di concorso in omicidio volontario, sequestro di persona e soppressione di cadavere. Di quest’ultimo reato è accusato anche lo zio di Sarah, Michele Misseri. E oggi è stato proprio il suo giorno. Il contadino di Avetrana, che qualche settimana fa si era avvalso della facoltà di non rispondere in qualità di imputato, ha deciso di sottoporsi all’interrogatorio nel ruolo di testimone citato dalla difesa di Sabrina. In aula erano presenti sia le due imputate che Concetta Serrano Spagnolo, la mamma di Sarah.

Michele, davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Taranto, presieduta da Rina Trunfio e composta dal giudice a latere Fulvia Misserini e dai sei giurati popolari, ha ribadito la sua colpevolezza, addossandosi l’esclusiva colpa dell’omicidio, come fa da più di un anno a questa parte. Fin qui nulla di nuovo, se non fosse che il suo avvocato, Armando Amendolito, ha rimesso il suo mandato. Il legale della Misseri, Franco Coppi stava interrogando Michele e alla domanda diretta “sei stato tu a uccidere Sarah?” il contadino ha risposto. “Sì” ed è scoppiato a piangere. A questo punto Amendolito ha interrotto l’esame e si è dimesso dal suo incarico “perché non c’è piena aderenza con la linea concordata con il cliente”.

Dopo una breve sospensione l’udienza è ripresa e Luca Latanza è stato nominato difensore d’ufficio di Michele.

Misseri ha raccontato la sua versione dei fatti (l’ultima delle tante) partendo dall’inizio di quel 26 agosto 2010: ha detto che la mattina dell’omicidio aveva avuto mal di testa tanto che lo disse anche a suo fratello. Poi ha spiegato che quel pomeriggio, dopo aver pranzato brevemente, è sceso nel garage. “Il trattore non partiva – ha detto- ero già nervoso dalla mattina. Il portone del garage era tutto aperto: Sarah non l’ho vista scendere, è giunta improvvisamente alle mie spalle. Non so cosa volesse. Io le ho detto di andarsene. Non ho capito bene cosa voleva da me. Mi stava dando fastidio”. Misseri ha fatto presente che Sarah “insisteva, allora io l’ho spostata, lei mi ha tirato un calcio e io allora ho preso un pezzo di corda e l’ho stretta. Non so nemmeno quanto è durato. Mentre stringevo ha cominciato a squillare il telefonino, che è caduto per terra. Non avevo visto che si era rotto, poi l’ho raccolto e messo nell’auto. Lei si è accasciata ed è caduta su un compressore, che è stato prelevato dagli inquirenti dopo tanti mesi”. La corda ha detto di averla trovata nel garage.

E’ questa la sola e unica verità secondo il contadino di Avetrana che ha dichiarato che in occasione del sopralluogo nel garage in cui ha accusato la figlia, il 15 ottobre, era stato “drogato”, Lo ha sostenuto facendo riferimento a degli psicofarmaci che gli sarebbero stati somministrati mentre era in carcere.

Michele Misseri ha poi negato di avere abusato sessualmente di Sarah e ha nuovamente accusato il suo primo avvocato, Daniele Galoppa, e la criminologa Roberta Bruzzone, allora sua consulente, di averlo indotto ad accusare la figlia Sabrina e addirittura di averlo convinto a indicare l’arma del delitto in una “cintura”, mentre “è sempre stata una corda che poi ho buttato nella spazzatura insieme alle scarpe. Non c’è stata nessuna cintura”. Quindi ha attribuito la presenza sul collo del cadavere di segni che potevano riportare a delle cuciture al “manico del compressore. Sarah è cascata con il collo sul compressore, non con la testa”.

Ma continuano ad esserci degli elementi che non tornano nella deposizione di Misseri che più volte si è contraddetto o è caduto in errore. Eccone alcuni:

– quando parla dell’oggetto utilizzato per uccidere Sarah si è espresso nuovamente al plurale, come già fece durante gli interrogatori fatti dagli inquirenti nelle prime fasi del suo fermo, e ha detto: “Quando abbiamo spostato il cadavere”

–  ha dichiarato che il 26 agosto 2010, dopo che aveva pulito il trattore ed era salito in casa per mangiare, aveva visto Sabrina e Cosima dormire sul letto matrimoniale. Nell’interrogatorio del 6 ottobre 2010, invece, aveva detto che aveva parlato con Sabrina e che era stata lei a riferirle che la madre riposava nella stanza da letto

– nei giorni successivi all’omicidio Michele si sarebbe fatto aiutare dalla figlia a cercare nel garage la sim (carta telefonica) del telefonino di Sarah. A Sabrina lui non avrebbe detto che stava cercando la sim, ma che cercava una vite. “Come ha fatto a correre il rischio pazzesco di trovare la sim del telefonino di Sarah?” ha chiesto il magistrato. C’era, infatti, il pericolo di farsi scoprire visto che, secondo la sua versione, Sabrina non sapeva nulla

– ha detto di aver sollevato la vittima e di averla fatta roteare in alto. Ma poi l’avrebbe lasciata per pochi momenti per poter afferrare una corda che era appoggiata sul parafango della ruota posteriore del trattore parcheggiato nel garage. Una dinamica che è apparsa troppo rapida. E’ strano infatti che la ragazza non abbia reagito al gesto dello zio e non ne abbia approfittato per fuggire.

La prossima udienza è fissata per martedì 10 dicembre quando saranno sentiti due ingegneri e una dottoressa del carcere di Taranto, Dora Chiloiro, mentre il 12 continuerà l’interrogatorio di Michele che verrà interrogato dalla Procura e dai legali di parte civile.