La storia di Emanuela Loi, vittima di una strage ingiusta

Cagliari – “È normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti” diceva Paolo Borsellino. Emanuela Loi era un agente di polizia originaria di Sestu. Il 19 luglio 1992, Emanuela Loi si trovava in Via D’Amelio, insieme ai suoi colleghi Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli e Antonino Vullo, per scortare il magistrato Paolo Borsellino sotto il palazzo dove viveva la madre. Erano le 16.58 quando una Fiat126 imbottita con 90 chilogrammi di esplosivo ha interrotto improvvisamente quel flusso di vita e tranquillità che la bella Palermo stava vivendo. Quella  domenica estiva, si era trasformata in pochi istanti in un vero e proprio inferno di fuoco e dolore. Le auto parcheggiate esplodevano improvvisamente per effetto di una reazione a catena, i brandelli dei corpi dilaniati dalla potente esplosione si riversavano lungo il manto stradale , una pioggia di vetro  cadeva dai palazzi ferendo numerosi passanti, una nube di fumo nero era visibile da tutti i punti della città e quel suono incessante delle sirene, rimbombava continuamente.

Domenica 28 gennaio è stato trasmesso su Canale 5 il film “La scorta di Borsellino – Emanuela Loi”, terzo appuntamento del ciclo televisivo “Liberi sognatori” dedicato a Emanuela Loi, prima agente donna della Polizia di Stato rimasta uccisa. Il regista Stefano Mordini ha voluto ripercorrere gli attimi di vita più significativi della poliziotta di Sestu, interpretata dall’attrice Greta Scarano. Emanuela Loi era una donna che amava la sua Sardegna e il suo lavoro, malgrado fosse entrata nel servizio scorta da un mese e i suoi familiari erano abbastanza preoccupati per il nuovo incarico; indossava la divisa con fierezza e operava sul territorio con massima dedizione e con il sorriso sulle labbra, consapevole della responsabilità del suo mestiere perché lo aveva scelto. Il suo fidanzato la stava aspettando a Cagliari; una relazione che si muoveva tra i fili del telefono e il lavoro domenicale, con l’obiettivo di cumulare giorni di ferie e stare quanto più possibile insieme. Sorrisi, passioni e radici andate improvvisamente  in fumo con la deflagrazione di un’autobomba in Via d’Amelio ,che ha ridotto in briciole le pareti del cuore di intere famiglie, dilaniate dall’ingiusta perdita del proprio congiunto, strappato alla vita da mani ignote che si sono sostituite al Dio. Un’entità oscura che si è tramutata  in una coltre di fumo nera e minacciosa che ha ricoperto la città di Palermo, ha fatto cadere una pioggia di vetro, detriti e brandelli di stoffa, ponendo la parola fine alle speranze per una rinascita.

Nicodemo Gentile è un noto Avvocato italiano. Nel corso della sua brillante carriera professionale si è occupato di numerose vicende giudiziarie di rilevanza nazionale come il delitto di Melania Rea, il delitto dell’Olgiata, della piccola Sarah Scazzi, Roberta Ragusa, Guerrina Piscaglia, i fidanzatini di Pordenone. Recentemente ha inoltre pubblicato un libro dal titolo “Laggiù tra il ferro – storie di vita, storie di reclusi”.

Ci ha voluto rilasciare le sue personali impressioni in merito allo spirito di servizio che ha animato quegli anni, tanto particolari quanto dolorosi: “la vicenda Falcone-Borsellino  non solo ha segnato la magistratura e la lotta alla criminalità organizzata, ma anche il rapporto con le istituzioni. Questi due uomini che adesso vengono utilizzati in molte sedi come simbolo della rinascita, sono stati veramente due eroi. Loro si, insieme a tutti quegli uomini dello Stato, del sud Italia, che sono stati sacrificati. Ci sono state speculazioni intorno a questo sacrificio, loro e di altre persone; gente che ha cercato di costruire carriere, gente che si è avvicinata dopo la loro morte. Sono stati molto contrastati nel loro percorso, ma loro sono la faccia della normalità, loro combattevano questo fenomeno essendo veramente dei professionisti dell’antimafia, che hanno creato perché la conoscevano e perché ci credevano. La frase più bella, tra le tantissime di Falcone, è “La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”.  Io in questo ci credo, come la corruzione è un fattore umano, come tutte le organizzazioni che si pongono come antistato, come associazioni che in qualche modo delinquono. La mafia ha toccato vertici e vette  per fortuna adesso molto contenute, anche in termini di sacrifici umani. Io amo questi due magistrati perché erano uomini di grande spessore, di grande cultura. Due uomini che, traspare da quello che scrivevano, capaci di avere anche grosse aperture umane. Due uomini del territorio che amavano il territorio e che hanno sempre lottato per estirpare questo tipo di malattia grave, affinché il territorio potesse rinascere”.

di Angelo Barraco