Via Poma: le motivazioni della condanna a Raniero Busco

busco

di Valentina Magrin

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Roma, 27 aprile 2011

I giudici della III Corte d’Assise di Roma hanno depositato le motivazioni della sentenza che ha condannato in primo grado Raniero Busco a 24 anni di carcere, con l’accusa di aver ucciso la sua fidanzata, Simonetta Cesaroni, il 7 agosto 1990. Vi riportiamo gli stralci più significativi delle 139 pagine di sentenza che, per ora, hanno messo un punto fermo su uno dei delitti più discussi del nostro paese: il delitto di via Poma.

I RAPPORTI TRA RANIERO E SIMONETTA: Nella sentenza si parla molto dei rapporti tra Raniero e Simonetta, che a quanto pare non erano proprio idilliaci: lui “l’aveva lasciata già una volta, frequentava contemporaneamente altre ragazze, la trattava male, anche davanti agli altri, si accingeva ad andare in vacanza con gli amici e senza di lei e, come chiaramente riferito dalla ragazza (in una lettera, ndr), da lei voleva ‘sesso, solo sesso’ e le faceva vivere il loro rapporto ‘nel modo più indegno e sporco’. Orbene, questa relazione la vedeva del tutto soccombente: ella infatti non riusciva a venirne fuori (tanto che si era fatta prescrivere la pillola anticoncezionale) e di ciò si colpevolizzava: ‘quante volte mi sono alzata la mattina, convinta che l’avrei fatta subito finita, ma una volta davanti a lui, non ne ho la forza’”. “Viceversa – spiegano i giudici – Busco reiteratamente ha dichiarato che il loro rapporto era ‘un normale rapporto tra ragazzi’ dando mostra di ignorare la sofferenza di lei e di ritenere le eventuali conseguenze dei loro rapporti intimi un fatto esclusivamente proprio della ragazza, sostenendo in un primo momento che sapeva che Simonetta prendeva la pillola, mutando poi versione in dibattimento: ‘no, io le ripeto, a distanza di 15 anni, secondo me prendeva la pillola, se lei dice di no evidentemente usavamo altri metodi contraccettivi, cioe’ il coitus interruptus, i metodi c’erano’, trincerandosi ancora una volta nel ‘non ricordo’”.

SIMONETTA APRE LA PORTA AL SUO ASSASSINO: Secondo la Corte il giorno dell’omicidio “è certo che la ragazza ebbe ad aprire ad una persona che conosceva e con la quale si stava accingendo ad avere un rapporto sessuale pienamente consenziente tanto che si era regolarmente spogliata. Questa persona non poteva che essere Raniero Busco dal momento che non si era rinvenuta traccia di altre possibili storie con altri uomini”. Simonetta, infatti, era “una ragazza ‘pulita’ che si sentiva ‘sporcata’ proprio dal rapporto con il fidanzato, dal quale tuttavia non riusciva a liberarsi”.

cesaroniLE DINAMICHE DELL’OMICIDIO: Una volta fatto entrare Raniero Busco, però, “qualcosa non ha funzionato: forse di fronte a un tardivo e inaspettato rifiuto di lei, l’aggressore, già in preda all’eccitamento sessuale, ha avuto una reazione violenta dapprima stordendola con un vigoroso ceffone e poi affondando più volte il tagliacarte nel suo corpo ormai disteso a terra e senza che la ragazza potesse opporre alcuna resistenza, tra l’altro infierendo con l’arma anche nella vagina della giovane”. “La Corte ritiene che sia di tutta evidenza che durante i preliminari di un approccio sessuale consenziente, la ragazza, ad un certo punto, per motivi riconducibili allo stato di tensione esistente tra i due, inaspettatamente si è rifiutata di proseguire il rapporto. Il rifiuto probabilmente accompagnato da parole sferzanti ha indotto l’assassino, come reazione a infliggerle un terribile morso al capezzolo”. A questo punto “la reazione della ragazza anche solo verbale, a tale gesto, ha provocato l’ulteriore incremento della spinta aggressiva per cui il Busco l’ha dapprima atterrata e tramortita con un potente schiaffone all’emivolto e poi, scatenatasi ormai la violenza, colto da un’irrefrenabile furia omicida, le ha inferto 29 coltellate mentre la ragazza già si trovava stesa a terra supina e senza che potesse opporre una sia pur minima resistenza dato che il Busco si era posizionato a cavalcioni sopra di lei, come attestato dalle evidenti tumefazioni rilevabili sul bacino della giovane”.

LE PROVE: Ecco gli elementi che dimostrerebbero senza alcun dubbio la colpevolezza dell’imputato: “Presenza del dna di Busco sul corpetto e sul reggiseno, in misura maggiore in corrispondenza del capezzolo sinistro della vittima, assenza di dna di altre persone tranne che della vittima; contestualità tra il morso al capezzolo sinistro e l’azione omicidiaria; appartenenza al Busco dell’impronta del morso”. Le tracce biologiche rinvenute sugli indumenti di Simonetta, sempre secondo la Corte,  sarebbero assolutamente contestuali al delitto, “del resto, quand’ anche per assurdo si volesse ipotizzare che a mordere il seno di Simonetta, e dunque ad ucciderla, fosse stata un’altra persona, questa avrebbe dovuto necessariamente rilasciare il proprio dna sul reggiseno e sul corpetto della ragazza, ciò che non è avvenuto in quanto sugli indumenti sono stati ritrovati soltanto ed esclusivamente materiali biologici appartenenti in grande quantità alla vittima e in parte ridottissima al Busco.  E infatti, “stanti le modalità dell’omicidio l’assassino non avrebbe potuto non rilasciare il suo dna sugli indumenti della vittima”.

L’ALIBI: “Può fondatamente ritenersi che l’orario della morte vada a collocarsi dopo le 17.15-17.30 e prima delle 18-18.30”. Data questa premessa, Raniero Busco tra le 16 e le 19,45 del giorno dell’omicidio “deve ritenersi privo di alibi”. “Non solo Busco ha contribuito alla preordinazione dei proprio falsi alibi ma in precedenza aveva cercato di indirizzare i sospetti contro alcuni suoi amici della comitiva Bar Portici”. Inoltre “desta più di una perplessità la completa mancanza di ricordo da parte del Busco in ordine agli avvenimento di quel pomeriggio se la si confronta (a parte la prodigiosa memoria delle tre amiche della madre di Busco, che devono però ricorrere ad associazioni funambolesche per giustificarla), alla vivezza con cui gli eventi del 7 agosto sono rimasti scolpiti nella mente della madre e della sorella di Simonetta o, semplicemente in quella di Volponi”. E d’altra parte “è indubbiamente molto anomalo, pur dando per scontato che Busco fosse il meno coinvolto tra i due nella relazione amorosa, che i fatti di una giornata così particolare, in cui si era consumata la barbara e misteriosa uccisione della sua fidanzata ed in cui lui era stato prelevato da una volante della polizia in piena notte e poi trattenuto in questura, fossero caduti nell’oblio insieme a quelli di tanti altri giorni uguali uno all’altro”.

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