Sarah Scazzi: tutti i punti chiave della sentenza di primo grado

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di Valentina Magrin (per contatti clicca QUI)

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13 marzo 2014

C’è voluto quasi un anno, ma alla fine sono arrivate le tanto attese motivazioni della sentenza del processo di primo grado per l’omicidio di Sarah Scazzi. Sentenza che, ricordiamolo, il 20 aprile 2013 ha visto Sabrina Misseri e Cosima Serrano condannate all’ergastolo per concorso in omicidio volontario, sequestro di persona e soppressione di cadavere. In 1.631 pagine è racchiusa la verità, almeno quella processuale, sulla morte della quindicenne di Avetrana, avvenuta il 26 agosto 2010.

IL MOVENTE – La prima domanda a cui viene data risposta è: perché? Perché una ragazzina è stata uccisa dalle persone di cui più si fidava, ossia la cugina e la zia? Il tutto, come già si immaginava, ruota intorno a Sabrina, una ragazza con un “profilo caratteriale connotato da accenti di irruenza e aggressività”. È lei, in un certo senso, che firma la condanna a morte di Sarah. Per l’esecuzione viene aiutata dalla madre e, in un secondo tempo, dal padre.

sabrina misseriPer la Corte di Assise di Taranto, presieduta dal giudice Cesarina Trunfio, se da un lato “Sabrina aveva un movente per commettere il delitto”, dall’altro tale movente “non può essere riduttivamente ascritto alla gelosia”. La gelosia per Ivano Russo, il ragazzo di cui Sabrina era innamorata e che aveva un certo ascendente anche su Sarah, non è quindi l’unico motivo per cui è stato commesso l’omicidio, anche se forse ha funto da detonatore. Ma oltre alla gelosia, si legge nella sentenza, “va considerata la parallela incidenza, ancor più nel caso di una situazione configurabile come delitto d’impeto, del groviglio di concorrenti sentimentali e tensioni, anche da altre cause originati”, in cui la gelosia “s’innestò in un determinato momento della vita dell’imputata, caricandosi ulteriormente di rabbia e rancore destinati a esplodere, alla prima occasione, in danno della cugina Sarah, rea di aver determinato la rottura con il Russo (Ivano), in quel contesto temporale ritenuta irreversibile”. Insomma, un vaso di Pandora che prima o poi, per un motivo o per un altro, era destinato a essere aperto…

LA DINAMICA DEL DELITTO – Sarah, secondo la ricostruzione della Corte, viene caricata in macchina da Sabrina e Cosima e riportata in casa Misseri, in via Deledda: “non vi sono – infatti – elementi probatori che avvalorino l’ipotesi che Sarah sia stata uccisa (strangolata) in auto”. E, finalmente, un punto fermo anche sull’arma del delitto: “Le evidenze probatorie, se valutate unitamente ai comportamenti post-delictum, fanno ragionevolmente ritenere che le imputate, dopo aver riportato la ragazza presso la loro abitazione, dove evidentemente si rinfocolava la lite, ivi l’abbiano strangolata con una cintura, secondo gli esiti dei rilievi autoptici del consulente Strada”.

L’ALIBI – La sentenza non lascia dubbi: Sabrina, dopo aver commesso l’omicidio, ha cercato di costruirsi un alibi falso utilizzando il cellulare di Sarah per mandarsi dei messaggi e fare uno squillo per segnalare il suo imminente arrivo. Ma Sarah, in realtà, era arrivata ben prima in quella casa e quando partono quei messaggi e quello squillo è già esanime.

michele misseri

IL RUOLO DI MICHELE MISSERI – La figura più controversa di tutta questa vicenda è sicuramente quella di Michele Misseri, padre di Sabrina e marito di Cosima. È lui il primo a confessare l’omicidio, a far ritrovare il corpo di Sarah e a finire in carcere. Poi, durante un interrogatorio del 15 ottobre 2010, chiama in causa anche la figlia Sabrina. Ma fa di più: ai primi di novembre, durante un colloquio con il suo allora difensore Daniele Galoppa e con la criminologa (e sua consulente) Roberta Bruzzone, sostiene che a uccidere Sarah è stata solo Sabrina. Dopo la conferma in sede di incidente probatorio, però, Michele ritratta e dice di essere lui, e solo lui, l’autore del delitto.

Ebbene, secondo la Corte, in riferimento all’interrogatorio del 15 ottobre 2010 “non sussiste alcun ragionevole motivo per il quale Michele Misseri avrebbe dovuto accusare ingiustamente, provocandone la sua carcerazione, proprio la figlia prediletta Sabrina e non altri soggetti”. Già nei giorni precedenti il suo arresto, inoltre, parlando tra sé e sé in auto Misseri aveva detto “li scoprirò”, riferendosi evidentemente ai veri assassini di Sarah. I suoi tentativi di addossarsi tutte le colpe sono dunque il risultato della sua personalità fragile e succube delle donne di casa, oltre a un comprensibile istinto di protezione paterna. Michele Misseri ha avuto sì un ruolo, per il quale è stato condannato a otto anni di carcere, ed è la soppressione di cadavere. Insieme alla moglie e alla figlia (anch’esse condannate per lo stesso reato), ha nascosto il corpo di Sarah nel pozzo di contrada Mosca.

I difensori degli imputati (nove in tutto, perché oltre a Sabrina, Michele e Cosima ci sono altre condanne per reati minori) avranno 45 giorni di tempo per presentare ricorso in Appello e provare a ribaltare questo severissimo verdetto.

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