Emanuela Orlandi: Accetti scrisse una delle lettere anonime?

Vi ricordate la lettera anonima delle “Belle more”? Arrivò, carica di allusioni e frasi da decifrare, qualche giorno prima della Pasqua 2013 alla sorella di Mirella Gregori e a un ex compagna di corso di Emanuela Orlandi, Raffaella Monzi. Oggi, un’analisi grafologica afferma che non si può escludere che l’abbia scritta Marco Accetti, l’uomo che ha fatto ritrovare un flauto dicendo che era di Emanuela Orlandi e che da fine aprile 2013 sostiene davanti ai giudici di aver partecipato al suo sequestro. Accetti è attualmente indagato per calunnia e autocalunnia ed i due Pm Ilaria Calò e Simona Maisto hanno chiesto per lui una perizia psichiatrica, che avverrà durante un incidente probatorio.

Torniamo alla lettera. Diceva: “Non cantino le due belle more per non apparire come la baronessa e come il ventuno di gennaio martirio di S. Agnese con biondi capelli nella vigna del Signore”. Una frase che più criptica di così non poteva essere…


Le belle more

 

 

 

 

 

Per migliorare la comprensione del messaggio, all’interno della busta c’erano anche: una bustina di plastica trasparente con dei capelli, un fiore colorato di merletto, qualcosa che sembrava terriccio (le analisi non sono riuscite a stabilirlo), del tessuto scuro. Poi, due ritagli dell’Osservatore Romano nella versione in tedesco e pezzi di negativo fotografico: uno ritraeva l’attentato al Papa, l’altro un teschio umano con la scritta “Eleonora De Bernardi, Morta in Campagna, Lì 23 agosto 1854”. Sul lato destro della lettera, in verticale, due numeri: “193” e “103”, con il tre dentro un rettangolino. I ritagli: uno riportava la foto del giuramento di una guardia svizzera, sotto una didascalia la cui traduzione è: “Durante il giuramento ogni recluta si posiziona davanti alla bandiera della Guardia e promette di servire fedelmente, lealmente e onorevolmente il Pontefice e i suoi legittimi successori”. Accanto alla foto, c’è scritto a penna: ”4 – FIUME”. Un altro ritaglio è un box di prima pagina intitolato “Giuramento delle nuove guardie svizzere”. A fianco, le scritte “SILENTIUM” e “V. FRATTINA 103”. Sul retro, un’altra scritta: “MUSICO 26/OTT/1808 – 5/3/1913 – 2013”.

Niente male come rompicapo, vero? Perché ogni elemento può essere tutto ed il contrario di tutto.

La grafologa Sara Cordella (docente di Metodologia e Grafologia Peritale e consulente in processi penali, nella foto) ha esaminato la lettera e noi le abbiamo chiesto di spiegarci cos’ha scoperto.

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Innanzitutto, è vero che la grafia è unica come impronte digitali? “Sì: non esistono due persone che scrivono allo stesso modo e nemmeno lo stesso soggetto può creare due grafie uguali, nel senso di sovrapponibili. Quindi, per certi aspetti, la grafia è un prodotto ancora più unico del DNA perché il mio DNA, pur essendo solo mio, è sempre lo stesso. La mia grafia, e nemmeno la mia firma, pur appartenendomi, non sarà mai uguale a sé stessa”.

Com’è nata l’idea di esaminare la lettera delle “Belle more”? “In realtà analizzai la lettera già quando fu mostrata dalla trasmissione “Chi l’ha visto?”. Mi incuriosì molto perché presentava delle caratteristiche di “originalità”, sia dal punto di vista grafologico e linguistico, sia dal punto di vista simbolico. Infatti, era stata scritta utilizzando uno stampatello particolare, il runico, un linguaggio intriso di metafore e, infine, era accompagnata da alcuni oggetti simbolici. Naturalmente, la mia analisi non può ritenersi completa né esaustiva. Un’attribuzione certa necessita di materiale in originale, distribuito in un lasso temporale che permetta di valutarne la corretta variabilità”. Si tratta quindi di attribuire elementi di compatibilità tra la lettera e la grafia di Accetti.

All’epoca lei non aveva mai visto la grafia di Accetti e fece un identikit dell’autore della lettera, giusto? “Giusto. Queste le mie conclusioni, sulla base di rilievi grafologici e linguistici: per me l’autore era di sesso maschile, di età matura, avvezzo allo scrivere, di buona cultura. Con una conoscenza approfondita del caso. La scelta di mettere insieme così tanti elementi simbolici faceva pensare infatti più ad uno che aveva studiato la vicenda che non a qualcuno che vi fosse stato coinvolto. Qualcuno che era appassionato di tecniche investigative e che conosceva bene il mondo ecclesiastico, senza farne parte. Qualcuno che era profondo, ipercritico, a volte verbalmente aggressivo. Qualcuno che teneva sotto controllo la propria impulsività e il desiderio di acquisire un ruolo, anche in via anonima”.

Quale saggio grafico – chiediamo – ha usato per la comparazione? “Ho avuto a disposizione due lunghe lettere scritte da Accetti e datate 1984 e 1985. Una anche con la busta e l’indirizzo manoscritto, inviata al giudice istruttore Claudio D’Angelo. Il materiale è stato molto e vario, scritto in stampato maiuscolo e minuscolo”. E’ da questa comparazione che Accetti esce come il probabile autore della lettera delle “Belle more”.

Domani parleremo di quegli aspetti delle “Belle more” che la rendono particolare: l’uso del carattere runico, quello della carta carbone (e perché), del significato nascosto delle correzioni e della personalità di Accetti, così come traspare dalla sua grafia.

di Fabio Sanvitale