Mostro di Firenze: la firma dell’assassino

La notte sembra un mantello nero gettato sulla piazzola degli Scopeti. La piccola tenda di Nadine Mauriot e Jean-Michel Kraivechvili giace a ridosso dell’inizio del bosco, sul limitare più esterno del cerchio in cui è racchiusa la piazzola. La luna all’ultimo quarto illumina tenuemente l’esterno della tenda canadese, mentre i due giovani turisti francesi sono nudi, abbracciati, stretti l’uno all’altra. All’improvviso succede qualcosa di orribile: un coltello squarcia il telo esterno della loro tenda, e subito dopo una Beretta calibro 22 inizia a massacrarli. Correva l’anno 1985 e questo era l’ultimo duplice delitto del Mostro di Firenze.

La follia omicida di un killer così sadico e feroce da trasformare la verde e ridente campagna toscana in un orrendo mattatoio, nel territorio di caccia di un predatore che non si accontenta di uccidere le sue vittime, ma che tormenta, tortura e ne fa a pezzi i corpi. Ancora oggi i luoghi in cui sono avvenuti quei delitti fanno paura; incombe su di loro un silenzio sospeso, un avvertimento di morte.

Incontro al recente convegno dedicato alla vicenda a Firenze il criminologo investigativo Alessandro Gamba, studioso di Cesare Lombroso e docente presso la OPHIR Consulting in tema di tecniche di investigazioni convenzionali, al quale pongo alcune domande:

Quali sono le ragioni per le quali il caso “mostro di Firenze”  è ancora oggi un caso che suscita al livello investigativo un interesse così alto?

La vicenda del ” Mostro di Firenze”, per noi addetti ai lavori, è una sorta di “copertina di Linus” della quale non se ne può fare a meno. Purtroppo di errori investigativi durante il periodo delle indagini ne sono stati fatti tanti e alcuni talmente banali da lasciare spazio e immaginazione anche a persone che sono lontane da questo tipo di lavoro. Tutto questo ha creato una sorta di limbo investigativo per il quale tutti hanno potuto dare la loro opinione sull’accaduto.

La letteratura sui delitti seriali ci dice che questa tipologia di omicidi sono opera di un singolo, secondo lei è possibile che siano opera di più persone o addirittura di sette esoteriche?

Le premetto che sono uno studioso e appassionato  della figura di Cesare Lombroso. Come lui sono un positivista convinto e ritengo che la letteratura sia importante per la catalogazione di taluni fatti reato. Un buon investigatore però deve spaziare a 360 gradi e non fermarsi di fronte ad una mera statistica. La vera investigazione si basa essenzialmente sulla ricerca dell’autore del fatto reato. Se si abbracciano, da subito, delle ipotesi investigative e si perseguono senza avere quel minimo di elasticità, necessaria, che ti permette ti ritornare sui tuoi passi, hai perso in partenza.

Per quanto riguarda le sette esoteriche, le ho già risposto dicendole che sono un lombrosiano convinto, quindi non aggiungo altro.

È mia opinione che il ” mostro di Firenze” fosse una sola persona.

E’ possibile che vi siano dei mandanti e degli esecutori?

Ho vagliato questa ipotesi quando mi sono imbattuto, per il solo scopo di ricerca, sul caso “Narducci”. Era interessante analizzare come un medico di buona famiglia, legato a dinastie massoniche e deceduto in circostanze più che misteriose, fosse in qualche modo legato agli omicidi del ” mostro”. Alcuni particolari mi sono apparsi decisamente agghiaccianti, altri assolutamente frutto di una compulsione investigativa che in quel periodo dilagava. Le partecipo la mia opinione rifacendomi a una citazione, del filosofo illuminista  francese Denis DIDEROT, che usai in occasione della mia relazione al 1* Convegno internazionale sul “Mostro di Firenze”, organizzato dal mio amico e compagno di lavoro Simone Montaldo; in quel contesto, parlando  della misteriosa morte del nostro Dott. Narducci, chiosai riferendo testuale frase: “ c’è chi muore oscuro perché non ha avuto un diverso teatro”.

E’ possibile, a distanza di anni, continuare indagini con metodologie diverse e con tecniche moderne di analisi, tipo l’individuazione del Dna?

Assolutamente si. Le indagini cosiddette tecniche spesso vanno a compensare, talvolta con successo, i vuoti investigativi scaturiti da indagini classiche fatte male.

A distanza di tanti anni, i reperti delle scene del crimine, potrebbero ancora dirci qualcosa circa l’identità dell’omicida?

Sono fermamente convinto che i due peggiori nemici dell’indagine sul “mostro di Firenze” siano stati la pressione mediatica e l’eccessivo narcisismo di gran parte degli inquirenti ( Autorità e Polizia Giudiziaria) che nel corso degli anni si sono alternati. Una rivisitazione del caso, da non dare in pasto ai media, potrebbe portare nuovi elementi sui quali poter lavorare.

Come mai agiva, solo in determinati periodi dell’anno e a ridosso dei week end?

Ah Ah, mi sono espresso già su queste cose. Possiamo chiederlo a Paolo Fox se lo ritiene indispensabile. Scherzi a parte, un Serial Killer quando “opera” non sempre presta la sua attenzione alle caratteristiche delle giornate, se c’è luna calante, crescente, equinozio ecc. Queste cose le lascio agli astrologi e ad alcuni giornalisti che non sanno cosa scrivere sul loro “pezzo”. Mi sembra abbastanza logico che il killer agisse in fase di luna calante per non essere scoperto, così come in estate per avere a disposizione più prede possibili (in inverno fa freddo ed i ragazzi si appartano più difficilmente). Per quanto riguarda i week end è possibile ritenere che il killer in questi giorni avesse più tempo a disposizione. Sono un seguace della teoria del “rasoio di Occam” ovvero: “a parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire”. Finiamola, quindi, di formulare più ipotesi di quelle che siano strettamente necessarie per spiegare un dato fenomeno.

Qual è la sua interpretazione circa il modus operandi dell’omicida?

Guardi, non mi soffermerei tanto sul Modus operandi che mi sembra abbastanza chiaro. Mi preme invece accostare la figura del “mostro di Firenze”‘a quella di “Jack lo squartatore”. Stesso fine e stessa ” firma”. Lei commissionerebbe mai un reato del genere a una terza persona quando il godimento massimo si finalizza e ha la sua essenza proprio nel momento della “firma” ? Non ho mai creduto alla richiesta di feticci su commissione. Questa chiave di lettura manda in frantumi anni e anni di serio lavoro sullo studio dei Serial Killer. E quando mi si chiede, come mai il “mostro” non con tutte le donne ha effettuato l’asportazione, io rispondo sempre tenendo presente il “rasoio di Occam”: circostanze di tempo e di luogo glielo hanno impedito. Non bisogna inventarsi il nulla.

Come interpretare le “pause” di circa 6 anni tra il primo e il terzo duplice omicidio?

Premetto che non considero il primo omicidio opera del ” mostro”. La pausa di cui parla, in senso tecnico, viene chiamata “cooling-off”, una sorta di intervallo emotivo tra un omicidio e l’altro. Ebbene, a questo intervallo viene attribuita una lunghezza variabile che può andare da poche ore a diversi anni. Dipende dai casi, questa circostanza, a mio avviso, non è suscettibile di nessuna particolare interpretazione.

La lettera spedita al magistrato donna nel settembre del 1985, segna la fine dei delitti. Secondo lei è un’azione predeterminata oppure subentrò qualche altro fattore , magari un impedimento fisico o altro?

E’ mia personale convinzione ritenere che il nostro “Mostro” sia morto. Ora, se mi chiede da quanto tempo, mi rimane difficile darle una risposta anche perché durante gli omicidi il “cooling-off” del nostro S.K. è sempre variato in modo considerevole. Potrebbe essere morto durante questo “intervallo” che non è però possibile quantificare in termini di tempo proprio perché mutevole. Credo che la lettera del magistrato sia una semplice coincidenza, così come la morte del Dott. Narducci (ottobre 1985) a seguito della quale il “mostro” non ha più ucciso.

Se io fossi il titolare di una ipotetica riapertura del caso è proprio da una verosimile morte del carnefice che ripartirei. Un bel lavoro certosino che consisterebbe nel visionare tutte le liste anagrafiche dei decessi avvenuti nel circondario, nel decennio che va dal 1985 al 1995. Gli investigatori italiani non sono secondi a nessuno su queste cose, altro che FBI. Le rammento ciò che sono riusciti a fare i due poliziotti che hanno indagato sugli omicidi della cosiddetta “UNO BIANCA”  Un lavoro pazzesco fatto con passione ed altissima capacità professionale in barba alle manie di protagonismo degli inquirenti dell’epoca.

Le sentenze di condanna ai “compagni di merende” si basano fondamentalmente sulle confessioni di un “pentito”. Giancarlo Lotti. Basandoci su quanto Lotti ha riportato nei verbali e nelle udienze, ritiene questo pentito-testimone credibile, al di là di ogni ragionevole dubbio?

Guardi, io non parlerei nemmeno di ragionevole dubbio. Non è credibile e basta. Ma questa è una mia opinione. Mi sembra che la Corte si sia espressa in modo completamente differente.

Abbiamo delle sentenze di condanna per i cosiddetti esecutori materiali dei delitti, solo per gli ultimi 4 duplici omicidi, mentre i primi 3 rimangono di mano ignota, Ritiene il caso del “mostro” un caso risolto ?

Il caso è risolto si…ma per morte del reo.

di Paolo Cochi

  • simone

    E’ bello vedere un’analisi puntuale di un caso complesso. Concordo con il Dott. G
    amba sul valore degli investigatori italiani e da criminologo ritengo che spesso invece che precipitarci a sparare sentenze sui presunti errori delle Forze di Polizia da una comoda poltrona e magari con alle spalle librerie colme di testi (che non sempre abbiamo studiato), dovremmo imparare da loro e cercare di dare un contributo operativo alla loro attività attraverso la ricerca. Grazie Dott. Gamba

  • Enzo

    Basta pensare alle dichiarazioni del Lotti riguardo al delitto di Vicchio. Si partiva da San Casciano x dare una lezione a quei due, (Pia Rontini e Claudio Stefanacci) come se a distanza di 60 e passa km i due ragazzi presidiassero la famosa “Boschetta” giorno e notte in attesa di vampa torsolo e katanga! Roba da piangere. Semplicemente illogico.

  • samuele burlamacchi

    L’unica cosa sulla quale mi trovo d’accordo con A. Gamba è la testimonianza di Giancarlo Lotti, totalmente inattendibile. Mi preoccupa invece il suo approccio culturale alla vicenda: cosa significa esattamente considerarsi un positivista lombrosiano nel 2014? Le scienze mediche, psichiatriche e psicologiche, mi pare , abbiano fatto dei progressi, da allora. Per fortuna. Tra l’altro come si concilia il positivismo scientista di Cesare Lombroso , con la sua affiliazione alla setta dei Rosacroce, che praticava la cabala esoterica ? In ogni caso, ( Lombroso a parte) è proprio nel duplice omicidio dei francesi agli Scopeti che viene meno la sicurezza ( tutta da dimostrare ) che si tratti di un serial killer unico e solitario. Jean Michel, infatti, viene inseguito e ucciso con 12 coltellate; fu ferito con i proiettili cal. 22 LR solo di striscio e tentò la fuga, lui un ragazzo di 25 anni, atleta dilettante che per essere raggiunto e soppresso in quel modo, occorreva che l’aggressore dovesse esser ancora più forte atletico e prestante; tentò anche di difendersi ( ferite d’arma bianca alle mani ), ma fu inutile. Probabile che qualcuno lo tenesse , mentre l’altro lo pugnalava; del resto,poi, a morte avvenuta, il cadavere di 78kg fu spostato di parecchi metri , senza segni di trascinamento e letteralmente scaraventato su una sterpaglia di rovi, dove si cercò di occultarlo, con barattoli di vernice vuoti. Bisogna ammettere che le succitate operazioni, risultano alquanto problematiche e di difficile successo se compiute da una persona sola; più plausibili se fatte almeno da 2 individui. Altra caratteristica curiosa: il lembo di seno della Mauriot, spedito alla Della Monica, fu epurato della pelle e del grasso mammario, prima d’essere inserito in un cellophane posto all’interno di una busta da lettere; lo scopo di ciò fu fare in modo che quel lembo di carne si conservasse il più a lungo possibile, vista la ”celerità” delle nostre Poste. Ma per fare ciò , occorre più di una conoscenza medica , anatomopatologa, in quanto anche molti medici generici, queste nozioni non le hanno. E già questo, direi, restringe di parecchio il campo. Infine , basta, per favore, con questa storia reiterata all’infinito del cosiddetto ” Rasoio di Occam “, quale panacea per risolvere ogni dubbio, quando si brancola nel buio; lasciamo in pace il filosofo, frate francescano inglese, William from Ockham, assurto ( a mio avviso inspiegabilmente ) a caposaldo delle moderne scienze ( la criminologia non è una scienza esatta in ogni caso ) investigative. Tale metodo , infatti, di fronte a casi complessi, può essere fuorviante e foriero di topiche madornali.