Garlasco: oggi la sentenza d’appello. Che accadrà?

Il momento della verità è atteso per oggi pomeriggio. E’ quello in cui la voce di Barbara Bellerio, che presiede questo processo innanzi la Corte d’Appello di Milano, leggerà la sentenza per il delitto di Garlasco. In realtà non è che uno dei momenti della verità di questo caso, per la famiglia Poggi e per Alberto Stasi. Assolto in Assise, ri-assolto in Appello, la Cassazione che annulla tutto dicendo che c’erano ben altre indagini da fare. E oggi, eccoci alla Corte d’Appello, per la seconda volta. Una Corte, va detto, che davvero non ha lasciato nulla d’intentato per capirci qualcosa. Per andare oltre quanto era già stato fatto. Certo, sono passati 7 anni, mica uno, da quel 13 agosto 2007.

alberto stasi

 

 

 

 

 

 

Elementi nuovi ne sono usciti. Basteranno a condannare Stasi o no?   Quel graffio sul suo braccio, fotografato la mattina del delitto dai carabinieri, ha a che vedere col delitto? La difesa dice che non c’era proprio alcun graffio. Stasi ha sostituito i pedali della bici, quel giorno, per non far trovare le tracce del sangue di Chiara? Macchè, mai sostituiti, dicono gli avvocati di Alberto. E poi, insomma, il sangue l’ha calpestato o no? La nuova perizia ha affermato che non poteva, uccidendo Chiara, non sporcarsi col sangue fresco del pavimento. Che importa, risponde la difesa, tanto non è stato lui e se le scarpe erano pulite è perché lui è arrivato che Chiara era già morta. Ed il sangue secco non lascia tracce. Senza esito utile, invece, gli altri esami disposti dalla Corte: quelli genetici sul bulbo di un capello trovato nel palmo della mano sinistra di Chiara e quelli sui reperti sotto le sue unghie: non hanno fornito prove, anche se ovviamente c’è da chiedersi perché non li abbiano fatti 7 anni fa.

Mentre scriviamo sono in corso le ultime repliche degli avvocati, poi la Corte entrerà in camera di consiglio. Il sostituto procuratore generale Laura Barbaini ha chiesto 30 anni. E’ l’ultima delle 13 udienze. Nel pomeriggio sapremo la sorte di Alberto Stasi.

di Fabio Sanvitale