Massacro di Ponticelli, intervista a Giuliana Covella: “Si aveva fretta di chiudere un caso che stava facendo troppo scalpore”

covelladi Olga Merli direzione@calasandra.it

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Giuliana Covella, napoletana, giornalista e scrittrice impegnata socialmente su vari fronti e definita da molti “cronista della legalità a difesa delle donne e dell’infanzia”, è l’autrice del libro “L’uomo nero ha gli occhi azzurri” (Guida Editore, 2012), sua seconda opera letteraria, pubblicata dopo “Otto centimetri di morte” (Guida Editore, 2010).

“L’uomo nero ha gli occhi azzurri” racconta il dramma di due bambine seviziate e uccise brutalmente in un quartiere di Napoli nel 1983, Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, di sette e dieci anni. Tragedia conosciuta da tutti come il “Massacro di Ponticelli”.

Dottoressa Covella, Lei afferma di aver deciso di scrivere questo libro sotto la spinta di una personale carica emotiva. Effettivamente si percepisce questo Suo trasporto per la vicenda. Crede, al di là dell’emozione, di essere riuscita a dare un contributo effettivo per la rivalutazione del caso?

Credo proprio di si. Erano anni che mi interrogavo sui risvolti di questo caso, da quando, ancora bambina e coetanea delle vittime, fui colpita da quelle immagini crude. Una città intera attonita dinanzi a un delitto così atroce. Immagini che oggi appaiono sfocate ma che rimasero impresse nella mia memoria  e soprattutto domande alle quali bisognava dare una risposta.

Ne “L’uomo nero ha gli occhi azzurri”, ripercorre insieme al lettore i luoghi che furono teatro di questa terribile vicenda, situati all’interno del Rione Incis di Napoli, che nel corso degli anni non sembra essere cambiato di molto. In che tipo di ambiente si è imbattuta durante le Sue ricerche?

ponticelliPurtroppo ancora degrado: degrado che non si è dissolto nonostante gli intonaci tinteggiati dei palazzi e degli edifici. Il canalone, luogo di rinvenimento dei cadaveri delle piccole, non esiste più. C’è stata costruita sopra una strada, parte della quale è ricettacolo per una discarica d’immondizia e spesso sede di mercati abusivi. Mentre stavamo preparando il book trailer per la presentazione del libro, abbiamo ripercorso le tappe fondamentali, i luoghi che furono la cornice occasionale di quel terribile duplice omicidio.  Tutto è ancora lì, sepolto, come la verità che prima o poi verrà fuori. Puoi percepire il velo di omertà sotto cui si nascondono ancora situazioni, persone, accadimenti. Ma esiste anche l’altra faccia della medaglia, quelle persone  che vogliono  sapere, conoscere, capire cosa è davvero successo e chi ha commesso questo terribile delitto.

L’ iter  processuale di questo caso, è costellato di continue deposizioni e ritrattazioni di molti dei protagonisti;  Quale crede che sia la chiave di lettura di queste continue sconfessioni?

Forti pressioni psicologiche e fisiche sui testimoni: episodi che gli stessi riferivano nelle dichiarazioni rese che puntualmente venivano, in un secondo tempo, ritrattate. Avvenimenti non proprio edificanti e “periodi di riflessione” ai quali i testimoni furono costretti, in situazioni del tutto discutibili. Si parla di deposizioni estorte con minacce, ricatti e persino torture.

Testimonianze, quindi, alternate a smentite che portarono all’arresto di tre giovani del luogo, Ciro Imperante, Luigi Schiavo e Giuseppe La Rocca, tutti condannati all’ergastolo. Come mai, secondo Lei, fu dato così credito a quelle testimonianze?

ponticelliSi aveva fretta di chiudere un caso che stava facendo troppo scalpore. La pressione mass mediatica sul delitto stava raggiungendo livelli non più tollerabili. Si stavano calpestando degli equilibri; troppa attenzione non giovava a un territorio che in quegli anni era in preda a una trasformazione sociale “paraistituzionale” da parte del crimine organizzato. Inoltre, non dimentichiamo, che la madre della piccola Barbara Sellini, Mirella Grotta Sellini, si rivolse persino al Presidente della Repubblica, Sandro Pertini , pur di arrivare a una verità.

Pensa che il suicidio di Luigi Anzovino, fratello di uno dei testimoni chiave di questa vicenda, possa ritenersi un episodio “collaterale” al caso?

Assolutamente no. Anche se da qualcuno, in passato, è stata sostenuta la tesi di un coinvolgimento diretto del soggetto nel caso. Credo che il suicidio dell’Anzovino sia da ritenersi evento totalmente scollegato al resto della vicenda, nonostante i suoi trascorsi molto discutibili: è stato condannato per aver aggredito la sorella, accoltellandola ripetutamente.

Quale pensa sia il movente di questo terribile duplice omicidio?

La pedofilia. Sono assolutamente certa che questo delitto venne perpetrato ai danni delle due bambine per questo scopo. Le vittime erano state avvicinate con il fine di abusare di loro dal punto di vista sessuale.

covellaSe accettiamo la tesi avallata da Lei e da altre autorevoli personalità come il presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione Ferdinando Imposimato, che vede i tre ex imputati travolti da un clamoroso errore giudiziario, dobbiamo ammettere che l’assassino è ancora a piede libero.  Lei pensa che sia mai stato toccato dalle indagini?

Credo proprio di si. Sicuramente ha lasciato una traccia nei verbali degli interrogatori, fra le deposizioni. Le indagini effettuate in quei giorni, inizialmente, seguirono alcune piste alternative ai tre giovani che in seguito verranno accusati del delitto.

Speriamo che la revisione del processo porti alla luce non una verità, ma LA verità. Sarebbe giusto farlo per Barbara e Nunzia, vittime innocenti di una furia assassina che non ha avuto  pietà.

Ed anche per chi, molto probabilmente, ha scontato una durissima condanna, ingiustamente.

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