Guardie Giurate allo sbaraglio. Viaggio nel mondo degli ex metronotte

guardia giurata

di Alessandro Cascio – ex investigatore privato, segretario nazionale APIS

In Italia, alle dipendenze di Istituti di Vigilanza, lavorano oltre 50 mila guardie giurate (G.p.G.) armate. Un tempo definiti “metronotte”, oggi godono dello status di “incaricati di pubblico servizio”.  La stessa qualifica che, per legge, spetta a: esattori Enel, letturisti dei contatori di gas ed energia elettrica, dipendenti delle Poste, del Poligrafo di Stato, custodi dei cimiteri, conduttori/presentatori delle trasmissioni televisive,  bidelli, volontari della protezione civile, ecc. In definitiva, tutte persone che non hanno alcun potere particolare e non vanno assolutamente confusi con i “pubblici ufficiali.

E che fanno le G.p.G? il loro compito principale è vigilare sui beni immobili, quindi sui fabbricati/edifici, nei porti, aeroporti, stazioni ferroviarie e metropolitane, infrastrutture delle settore energetico e delle telecomunicazioni  o – al bisogno – in altri luoghi aperti al pubblico come i tribunali, ma solo se ci sono speciali esigenze di sicurezza. Inoltre, si occupano anche della custodia e del trasporto di armi, esplosivi, contante o altre cose di valore.  Intervengono – infine – sugli allarmi. Non devono arrogarsi altri compiti riservati alla Forze dell’Ordine e non hanno assolutamente mansioni o responsabilità analoghe ai poliziotti, anche se la divisa e l’arma potrebbero indurre il privato cittadino a pensarlo.

Tutte le altre esigenze in termini di security, esclusi gli obiettivi sensibili, possono essere legittimamente assolte da personale disarmato, cioè da operatori dipendenti da aziende esercenti servizi fiduciari, ausiliari, integrati … quelli che un tempo erano definiti “servizi di portierato”, senza la necessità di avere alcuna specifica licenza/autorizzazione.

Dov’è il problema, allora? Il tallone d’Achille di questo piccolo esercito di guardie giurate è la formazione pressappoco inesistente: parliamo di un corso di pochissime ore al poligono di tiro. Tutto qui. Si leggono – infatti – testimonianze oscene per cui, dopo un singolo allenamento al poligono, hanno “abilitato” soggetti che sono diventati G.p.G e che, dal giorno dopo, hanno iniziato a girare con un’arma nella fondina. Il risultato devastante di questa assenza totale di addestramento si legge, purtroppo, nella cronaca dei giornali e si traduce nell’uso irresponsabile e pericoloso dell’arma in dotazione . E, tra l’altro, possono girare armati anche fuori servizio. Solamente nell’ultimo anno le loro pistole hanno ucciso oltre trenta innocenti (vicini di casa, mogli, amanti, ecc.) perché per ottenere quel porto d’armi le guardie giurate non fanno alcuna fatica, basta essere incensurati. Nessun tirocinio, nessun test psico-attitudinale.  A monte ci sono diversi datori di lavoro, provvisti di licenza prefettizia, alcuni dei quali si trasformano in imprenditori senza scrupoli e finiscono per avere anche dei problemi con la giustizia. In questo guazzabuglio – ovviamente – non mancano security manager coscienziosi alla guida di Istituti di Vigilanza competenti; e guardie giurate autodidatte che hanno raggiunto capacità sorprendenti.  Si tratta – però – di una sparuta minoranza.

Una vita faticosa, quella delle guardie giurate, non priva di pericoli, per uno stipendio misero di poco oltre 1000 euro al mese.  Alcuni casi di suicidio sono l’indice macabro del loro disagio. I caduti per ragioni di servizio non sono un numero allarmante, muoiono più muratori al confronto: ma non godono neppure del diritto di appartenere alla categoria “vittime del dovere”, come sarebbe invece giusto, riconoscimento che sta tentando di ottenere l’APIS (Associazione Professionale Investigazioni e Sicurezza) assieme all’Associazione Orfani Guardie Giurate.

Una riforma è certamente necessaria, allora. Innanzitutto, ci vogliono requisiti più severi nella fase di reclutamento: oggi in pratica diventano G.p.G. soggetti che fino al giorno prima facevano il panettiere piuttosto che l’idraulico. Poi, manca soprattutto una formazione che assicuri una padronanza nell’impiego dell’arma di servizio, oggi imprudentemente nelle mani, quasi sempre, di veri e propri profani. E poi  ci vuole anche una conoscenza di base delle norme giuridiche più elementari: è troppo facile ascoltare guardie giurate che fanno sfoggio di convincimenti “fai da te” su procedure e norme … da loro pericolosamente fraintese.

I nostri politici periodicamente tentano di introdurre delle norme – senza riuscirvi –che mettano ordine in questo marasma. Tra gli ultimi interventi, c’è la proposta dell’on. Stucchi che – seppure meritevole di alcuni accomodamenti – potrebbe trasformare guardie giurate, investigatori privati e operatori disarmati in agenti di polizia giudiziaria ausiliari e che vorrebbe istituire l’albo nazionale degli agenti di polizia privata, oltre che introdurre – finalmente – la figura del bodyguard, fino ad oggi illegittima.

Non si può più aspettare, tanto più che l’UE è ormai indirizzata a disfarsi degli operatori armati e preferisce quelli disarmati, per tutta una serie di motivazioni, una scelta confermata dalla crescita costante dei servizi fiduciari in Italia, che impiegano in oggi il doppio delle guardie giurate (e cioè 80/90 mila addetti).

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