di Paolo Cochi* – Alessandro Feri – Master Evo.
Venivano chiamati Indiani , “quelli a cui piace guardare”. Popolavano le campagne fiorentine di notte. La storia del mostro non è stata semplicemente una drammatica vicenda di cronaca nera, ma anche una vicenda socialmente dirompente che, oltre a cambiare le abitudini delle coppie d’innamorati degli anni ’80, ha portato alla luce realtà snobbate dalla sociologia mediatica per ragioni di buona “moralità pubblica”. Il “guardonismo”, ovverosia quel voyeurismo organizzato che consiste nello spiare le coppie appartate in auto in intimità, è uno dei fenomeni che più drammaticamente si intreccia alla vicenda del mostro di Firenze.
Nel giugno 1981, quando ormai il delitto di Borgo era finito nel dimenticatoio come delitto insoluto, il mostro tornò a colpire a Scandicci (località Mosciano), escindendo per la prima volta il pube della vittima femminile. Il collegamento con il bruto assassino del Mugello di quasi 7 anni prima fu immediato e i bossoli lasciati dall’arma tolsero ogni dubbio: la mano era la stessa, quella di un maniaco “cacciatore” di coppiette, definito tecnicamente come serial killer.
Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi escono di casa alle 22:15.Alle 23 un contadino tornando alla sua abitazione attraverso la sterrata non vede l’auto del Foggi ma ne incontra altre in luoghi limitrofi . I due ragazzi non vengono visti nemmeno dal gestore Orlandini alla discoteca “Anastacia”, né dai suoi collaboratori. Allo stato attuale non esiste alcuna conferma sulla serata trascorsa dalle vittime nel locale da ballo. Dove sono stati Giovanni e Carmela fino alla mezzanotte circa, orario in cui verranno uccisi prima ancora di avere un rapporto?
I cadaveri vengono scoperti casualmente intorno alle 9:30 da un poliziotto fuori servizio a passeggio con il figlio. La scientifica arriva alle 10:30, secondo Mario Spezi, al suo primo servizio di “giudiziaria” per “La Nazione” di Firenze. Lui sarebbe arrivato prima insieme al fotografo.
La mutilazione del pube praticata sul cadavere della De Nuccio, danno pochi dubbi sulla matrice maniacale del delitto. Come quasi 7 anni prima, gli investigatori si addentrano nel “sottobosco” dei guardoni, poiché una segnalazione anonima sul voyeur Vincenzo Spalletti arriva in caserma. Secondo l’informatore anonimo l’auto dello Spalletti era in prossimità del delitto la notte dell’omicidio, ma non è solo questo ad inguaiare “l’indiano” . Per la seconda volta avviene una segnalazione anonima con tanto di targa dell’auto, certamente una strana coincidenza.
Il 12 Giugno la polizia giudiziaria preleva Spalletti dal luogo di lavoro e contemporaneamente la moglie dall’abitazione del Turbone nei pressi di Montelupo Fiorentino. Risulta che Spalletti aveva rivelato al bar particolari sul delitto prima che la notizia del macabro duplice omicidio finisse sui giornali. E’impossibile sapere quali siano state le frasi esatte pronunciate al bar dal guardone, ciò che sappiamo con certezza è che, dopo quella mattinata al bar, Spalletti non dirà più una parola sull’argomento, dichiarandosi del tutto estraneo al delitto. Agli inquirenti però questo guardone fa una pessima impressione: sembra reticente, forse non è l’assassino, ma sa qualcosa che non vuole dire. Queste sono anche le opinioni degli inquirenti da noi intervistati molti anni dopo i fatti: Silvia Della Monica e il Colonnello Olinto Dell’Amico che fin dal delitto del 1968 seguiva le indagini sul mostro.
Enzo Spalletti finisce in carcere per reticenza fino al successivo delitto dell’ottobre 1981, liberato dal mostro stesso che tornerà ad uccidere. Una volta libero Spalletti rilascia un’intervista dove afferma di essere vittima di un errore giudiziario. Ma c’è un altro guardone che viene ascoltato dagli inquirenti dopo il delitto di Scandicci: si tratta di Fosco Fabbri, voyeur amico di Spalletti: i due avevano fatto una “scampagnata” nella zona del delitto proprio la notte che il mostro aveva colpito. Entrambi i guardoni bazzicano la “Taverna del diavolo”, locale “cult” per il ritrovo degli indiani scandiccesi negli anni ’80. Fabbri racconta anche di un brutto incontro avvenuto con un uomo in divisa, verosimilmente una casacca non usuale visto che Fabbri non ne sa riconoscere il “corpo” d’appartenenza. Il voyeur era stato minacciato dallo strano individuo, il quale, armato di pistola, lo aveva obbligato a salire nella sua auto per “moralizzarlo” con una predica: l’uomo in divisa aveva inveito contro il voyeur, infamando la sua attività di guardone, ma poi lo aveva lasciato andare senza torcergli un capello. Questo è quello che ci racconta l’Avvocato Filasto’ nella recente intervista tratta dal documentario “I delitti del mostro di Firenze”: l’esperto avvocato-scrittore è convinto che il Fabbri in quella circostanza si sia trovato a “tu per tu” con il “mostro di Firenze”. Sicuramente di è trattato di uno strano episodio, strano almeno tanto quanto la vicenda di Spalletti sul cui conto non verranno mai fugati tutti i dubbi.
L’indiano ha visto il mostro in azione?
Tace in carcere perché non sa nulla del delitto o perché ha paura?
Forse Spalletti ha visto solo i cadaveri ed è rimasto scioccato dall’esperienza? Per questo ne parla al bar?
Domande alle quali è impossibile rispondere: è il lettore che, partendo dai fatti, deve farsi una propria opinione soggettiva. Ciò che è certo è che, dopo la liberazione di Spalletti, il guardonismo sarà meno torchiato dagli inquirenti i quali, dall’estate 1982, si concentreranno prettamente sulla pista sarda. Questo sarà un errore fatale per le indagini! Chissà, forse almeno uno dei tanti indiani che popolavano le campagne in notturna poteva essere a conoscenza di qualche segreto…..
Negli anni seguenti nessun guardone farà mai qualche segnalazione utile alle indagini, eppure proprio i voyeur erano la categoria di persone con più possibilità di vedere il mostro in azione perché spiavano le coppiette nelle piazzole. Forse anche il mostro era un guardone e otteneva “copertura” dai suoi colleghi? Oppure il mostro era sempre così scaltro da riuscire ad assicurarsi che nessun guardone lo potesse vedere in azione?
Domande che pongono quesiti irrisolvibili, che da sempre tarlano la mente degli appassionati del caso. Ciò che è certo è che, dopo l’arresto di Spalletti, nessun guardone fornirà più aiuto alle indagini, pur sapendo qualcosa di utile sul mostro. Verosimilmente i voyeur, categoria già di per sé poco espansiva, non hanno fiducia negli esiti investigativi poiché, memori di ciò che è capitato allo Spalletti e al Giovannini, temono che qualsiasi suggerimento fornito alle indagini gli si possa ritorcere contro, magari malinterpretato; i guardoni percepiscono poi una pressione mediatica che certo non li aiuta a parlare in caso ce ne fosse bisogno.
Ma forse il guardonismo non entra in questa drammatica storia solo per le indagini successive ai due delitti di Borgo S.Lorenzo e Mosciano. Nell’ottobre 1983, nei pressi di Fiesole ( località Cave di Maiano), un cercatore di funghi vouyeurista viene massacrato a coltellate: nessun furto, nessun indizio. Un altro delitto senza movente apparente, da serial killer: è possibile che esistano due maniaci che agiscono contemporaneamente nella stessa città, oppure la mano che punisce il guardone è quella del mostro? Un interrogativo impegnativo, da porsi anche per molti altri omicidi che entrano in questa storia come “collaterali”. Adesso però ci limitiamo a segnalare che anche altri due presunti guardoni vengono uccisi in modo barbaro negli anni ’80, entrambi nel parco delle Cascine di Firenze. Nel gennaio 1980 un pensionato viene ritrovato morto nel parco ucciso da un corpo contundente; nel settembre 1985, pochi giorni prima del delitto degli Scopeti, un altro uomo viene ucciso nel medesimo parco con una coltellata alla schiena.
Il vouyeurismo ritornerà alla ribalta del caso-mostro con l’avvento Pacciani e poi dei compagni di merende (tutti, chi più chi meno, guardoni come alcuni dei sardi inquisiti); tuttavia l’excursus storico qui esposto si riferisce agli anni in cui il mostro era attivo, dunque vuole tenersi fuori dagli aspetti processuali più recenti con le sue relative sentenze di condanna ed assoluzione.
* immagini tratte dal film-documentario “I delitti del mostro di Firenze” di P. Cochi
Leggi anche:
MOSTRO DI FIRENZE: LE ZONE D’OMBRA, CAPITOLO 1
MOSTRO DI FIRENZE: LA SCENA PRIMARIA, CAPITOLO 2
MOSTRO DI FIRENZE: IL DELITTO DI BORGO, CAPITOLO 3
MOSTRO DI FIRENZE: L’ESCALATION DELL’ORRORE, CAPITOLO 5
MOSTRO DI FIRENZE: LA PISTA SARDA, CAPITOLO 6
MOSTRO DI FIRENZE: UN INCUBO AMARO, CAPITOLO 7
MOSTRO DI FIRENZE: INTERVISTA AL GIUDICE ISTRUTTORE VINCENZO TRICOMI
Link utili: