Majorana: ma siamo sicuri che fosse davvero in Venezuela?

Non vogliamo guastare la festa alla Procura di Roma, ma che il caso Majorana sia chiuso non è affatto scontato, per noi. I giudici della capitale, chiudendo la nuova inchiesta sulla scomparsa di uno dei più grandi fisici che il Novecento abbia mai visto, hanno stabilito che lo scienziato, scomparso nel nulla nel 1938, non si è suicidato, perchè tra il 1955 ed il 1959 si trovava per certo in Venezuela. Riassumiamo:

– il 25 marzo del 1938 il fisico Ettore Majorana, che insegna all’Università di Napoli (è talmente un genio dichiarato che non gli hanno fatto fare nemmeno il concorso), esce dall’Albergo Bologna e prende alle 22.30 la nave per andare a Palermo. Imbuca una lettera per il suo collega Carrelli ed una lascia in camera per la famiglia, preannunciando in entrambe il suicidio. Si vuole buttare in mare alle 23. Passano 24 ore e a Carrelli arriva un telegramma: “Non allarmarti. Segue lettera“. Carrelli non capisce, poi riceve la lettera e comprende che il collega c’ha ripensato. Majorana intanto è sbarcato a Palermo, è vivo.  Dal Grand Hotel Sole scrive ancora a Carrelli: “Il mare mi ha rifiutato” e preannuncia che lascerà comunque la cattedra . Con un secondo telegramma chiede al Bologna di tenergli la stanza. Si imbarca sulla nave per Napoli, lo vedono a bordo, silenzioso. E qui svanisce nel nulla. Ha con sè i documenti e i suoi stipendi recenti, che mai prima d’ora s’era sognato di ritirare. Inutili le ricerche.

-per i successivi 60 anni si scrivono libri, si fanno trasmissioni tv. Majorana è in convento, Majorana è quel barbone che viveva in piazza a Mazara del Vallo, Majorana s’è rifugiato in Argentina. Nessuna prova definitiva per nessuna ipotesi. Tutti ripetono l’ipotesi più romantica, quella che piace: aveva capito in anticipo che le ricerche di Enrico Fermi (suo docente nonchè Premio Nobel per la Fisica, che pochi mesi dopo la scomparsa di Ettore si rifugia negli Usa) avrebbero condotto alla bomba atomica ed è voluto fuggire dalla comunità scientifica. Isolandosi.

Il signor Bini

 

 

 

 

 

 

– nel 2008 un meccanico, Francesco Fasani, si presenta a “Chi l’ha visto?” e dice di avere le prove che Majorana tra il 1955 ed il 1959 era in Venezuela con lui.  Sotto il falso nome di Bini. Queste le prove: una foto scattata insieme, a Valencia, il 12 giugno 1955. Un italiano che gli rivela che Bini era in realtà Majorana. Una cartolina spedita da Quirino Majorana (lo zio, altro scienziato sopraffino) ad un americano, nel 1920, e trovata dal sospettoso Fasani nell’auto di Bini. La cartolina è autentica. Il meccanico muore alcuni anni fa.

– la Procura di Roma apre un fascicolo. Esamina la cartolina, parla con Fasani, soprattutto ordina al Ris di Roma una perizia antropometrica comparativa tra la foto del 1955 e altre di famiglia, in cui sono ritratti i parenti di Majorana, tipo lo zio ed il padre. Il confronto tra le proiezioni tridimensionali di alcuni punti specifici dei visi (i cosiddetti “punti di repere”: base del naso, linea della bocca, attaccatura dei capelli…) rivelano uguaglianze certe. Bini è Majorana.

Le ipotesi sono dunque due: suicidio o fuga camuffata da suicidio. Da un uomo geniale ci si può aspettare anche questo, certo. Un punto fermo mettiamolo, però: lasciamo perdere il discorso della bomba atomica. E’ vero che Fermi già dal 1934 aveva scoperto la fissione dell’uranio che avrebbe portato ad Hiroshima e Nagasaki, ma il bello è che non se n’era ancora accorto. Furono altri che lo fecero, nel 1938; dopo la scomparsa di Majorana. Per quanto fosse un genio, neppure Majorana poteva aver visto così lontano. Ovviamente c’è un motivo per cui questa ipotesi è tuttora così tenace: che per due volte, nel 1932, Ettore aveva anticipato la scoperta di teorie fondamentali della fisica (quella di Chadwik e quella di Heiselberg: entrambi vinceranno il Nobel). Ne “Il fu Mattia Pascal” Pirandello mette in bocca al suo protagonista queste parole: “Si lascia cappello e giacca, con una lettera in tasca,  sul parapetto di un ponte, su un fiume; e poi, invece di buttarsi giù, si va via tranquillamente: in America o altrove“. Ettore amava Pirandello. Ma, seppure avesse già capito dove portavano le ricerche di Fermi, che bisogno c’era di fingere un suicidio? Non bastava tacere e sperare che nessuno si accorgesse della scoperta? Davvero Majorana era così ingenuo da pensare di impedirla sparendo? 

La verità è che per 70 anni abbiamo preferito un’ipotesi romantica alla realtà di una depressione conclamataMajorana era un trentenne sempre chiuso, distaccato, critico, che non rideva mai. Ma anche ironico, se voleva. C’era stato un tempo allegro nella sua vita, da ragazzo, un tempo di giochi e di scherzi: poi era successo qualcosa. Prima di assumere l’incarico a Napoli s’era chiuso in casa per 4 anni, senza vedere nessuno. Aveva bruciato le sue carte, non si tagliava più i capelli. Come la chiamate, questa? L’esame della sua grafia, svolto dalla grafologa Sara Cordella, ne parla così: “L’eccesso di analisi frammenta qualsiasi corretta visione della realtà. Majorana aveva continuo bisogno di certezze, di portare a verifica anche cose che sono di per sé stesse evidenti. Il calibro piccolo, con grafia minuziosa, dà logorio mentale che tendenzialmente sfocia in esaurimenti nervosi e nell’isolamento. Ogni piccolo ostacolo viene, infatti, visto con ansia amplificata e con contrarietà tale da non permettere di affrontarlo”. 

Ma è qui che nasce il mistero: se una persona vuole suicidarsi non sceglie di ritirare gli stipendi arretrati, non svuota il conto in banca, non si porta dietro il passaporto, certo. Tuttavia la lettera e la personalità di Majorana propendono per questa ipotesi…

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E ora, i nostri dubbi:

– se uno progetta una fuga dal mondo così rocambolesca ed architettata, scusate, poi cosa fa, va a mille miglia di distanza e scivola sulla buccia di banana di lasciare in macchina una vecchia cartolina in modo da farla trovare dal meccanico? E ci si fa pure una foto insieme, in cui sorridono (dopo aver accuratamente evitato per anni, come dice lo stesso Fasani, le fotografie)?

– il secondo dubbio riguarda proprio il confronto antropometrico tra Bini e i Majorana. Tutto ok,  solo che la definizione della foto del 1955 non è buona, risulta sfuocata nei chiaroscuri: e quindi diventa difficile assegnare con precisione i “punti di repere”. Quanto vale l’identificazione?

– il terzo riguarda l’assenza, nelle dichiarazioni di Fasani, di ogni riferimento alla lunga cicatrice che Majorana aveva sul dorso di una mano. Una cosa che si notava (un’altra, lunga 40 punti di sutura, era su una gamba).

– il quarto riguarda il fatto che il passaporto di Majorana era valido per viaggiare solo in Europa (come risulta dagli atti conservati all’ Archivio Centrale dello Stato di Roma), per quanto passando da altri stati europei poteva forse aggirare il problema…

Insomma, siamo davvero sicuri che il fisico sia fuggito in Sudamerica? Che fosse Bini? Per noi, il mistero della scomparsa del Prof. Ettore Majorana, di anni 31, è ancora aperto.

di Fabio Sanvitale