A Milano la polizia ha Key Crime, il software che prevede i reati. E funziona.

Mario Venturi è assistente capo della Polizia di Stato. Ha l’accento del nord e le idee chiare. Il Key Crime, il software in uso alla Questura di Milano che prevede dove un criminale tornerà a colpire, è una sua invenzione. Di che si tratta? “Non è una mappatura del crimine, non è un calcolo di incidenza sul territorio. E’ un applicativo che mette insieme sociologia, matematica e statistica. L’esito ultimo è preventivo/repressivo, ma partiamo da due fatti: che la quasi totalità dei reati è su base seriale. E che c’è fortissima recidiva nei reati contro il patrimonio”. Come tutte le invenzioni, anche il Key Crime è nato per risolvere un problema pratico. “Nel 2004 ero addetto alla raccolta dei dati in Questura” racconta Venturi “e mi sono ritrovato sommerso dalle carte. Allora ho creato uno strumento per analizzarli e collegarli. Volevo lavorare meglio. Poi ho capito che il database da solo non bastava ma serviva un algoritmo e così…”.

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Va bene, ma come funziona? “Il principio è quello del crime linking: collegare tra loro reati diversi, avvenuti in tempi e luoghi diversi. Il risultato è non dire solo dove, quando e come accadrà, ma anche il “chi ignoto”. Una volta che lo sappiamo, possiamo attribuire un indice di rischio alla sua cattura e operare in sicurezza, perché sappiamo già, ad esempio, se sarà armato o no. E all’arrestato possiamo subito contestare non uno, ma una serie di reati, uniti col vincolo della continuazione. Questo consente al magistrato di risparmiare tempo, perché può riunire i fascicoli di tanti reati in uno solo. Se l’arrestato poi accetta il patteggiamento – e succede spesso – la risposta diventa ancora più veloce e efficace”.

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Messa così, la faccenda è spettacolare. Ma i software sono fatti di numeri, quindi anche la verifica del loro funzionamento è fatta di numeri. Che dicono quelli del Key Crime? Dicono che i dati su certi reati, in Provincia di Milano, sono in controtendenza rispetto all’Italia. Nel 2007, anno di inizio della sperimentazione, la percentuale di risoluzione col Key Crime per i reati di rapine a esercizi commerciali era del 27%; nel 2013 è diventata del 54%, con un picco dell’81% per i furti in farmacia. Com’è possibile, Venturi? “Col Key Crime colleghiamo più reati tra loro. A questo punto i rapinatori prendono la pena massima, patteggiano sempre e ci pensano due volte prima di ripetere il reato, una volta fuori”. Le cifre parlano chiaro: riduzione del 24% dei furti in farmacia nel 2014. Rapine in banca: nel 2013, il 74% dei casi è  stato risolto anche grazie al software. E sono scese del 61% dal 2013 al 2014.

Vediamo allora come funziona. E’ successa una rapina, arriva la Volante . E poi? “La prima fase è l’uso di una processing card, che viene gestita dal personale operante tramite un’intervista libera con i testimoni e le vittime. Quindi, entro 12/24 ore, segue un’intervista strutturata, telefonica, per acquisire altri dati.  Ne abbiamo fatte 20.000, finora. Terza fase, acquisizione di immagini da impianti di videosorveglianza. Questo ci consente di studiare anche il comportamento non verbale del reo”. Poi la descrizione dell’autore, il suo modus operandi, i dati dell’obiettivo stesso vengono messi insieme dal sistema. Dalla seconda rapina di un soggetto il Key Crime può operare: ovvio, non può certo prevedere la prima, l’omicidio passionale o la violenza familiare. Nessuno può farlo (tranne il mago Otelma). La cronaca nera milanese degli ultimi anni racconta le storie di Gianfranco “Rocco Barbaro” Orrico, arrestato dopo che s’era fatto 11 farmacie, di Ardian Muca, che tra farmacie e banche era a quota 33, e di tanti altri.

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Finora il Key Crime è costato zero allo Stato, Venturi l’ha ceduto in comodato d’uso. Ma adesso sta preparando la versione 3, il Cube, che coprirà ogni tipo di reato. Che futuro avrà il progetto? “Bella domanda. Il Key Crime Cube è un progetto a livello nazionale, che potrebbe essere pronto per fine 2015. Avrà molti miglioramenti, è un software del tutto nuovo rispetto al precedente. Per me sarebbe una soddisfazione enorme se la polizia lo adottasse per tutto il paese. Noi siamo pronti, ma andrebbe creata una struttura intorno all’applicativo: assistenza, coordinamento. Key Crime, comunque, è già predisposto per interfacciarsi con gli altri grandi database della Polizia, come l’Afis e lo Sdi”. E ha già prodotto un bellissimo miracolo: essere interforze, nato dalla Polizia ma usato insieme ai CarabinieriHai detto niente. (fine puntata 2 di 3)

di Fabio Sanvitale

(ha collaborato Chiara Lombardo)