Chicca Loffredo: ergastolo a Caputo. I dubbi che restano dopo la sentenza.

Un’ora fa, la sentenza della Corte d’Assise di Napoli per la morte di Fortuna Loffredo, la bambina precipatata a Parco Verde di Caivano il 24 giugno 2014. Raimondo Caputo, detto Titò, è stato condannato all’ergastolo per aver abusato della bambina ed averla uccisa. Marianna Fabozzi, la sua compagna di allora, a 10 anni per non aver impedito gli abusi su Chicca e sulle sue figlie. Abusi che, dicono i periti, duravano da 3 anni. In qualche modo, Chicca lanciava dei segnali: disegnava una casa su cui incombeva una minaccia interna o esterna, in cui non si poteva entrare perché aveva le sbarre, il cui ingresso era ostacolato, che nascondeva qualcosa che non deve essere visto. Una figura paralizzata dall’angoscia, senza piedi per fuggire. Così disegnava sé stessa. E non faceva mai il sole, nemmeno se le chiedevano di farlo. Riceveva sostegno psicologico per il suo Disturbo dell’Apprendimento, ma nessuno aveva la preparazione per capire cosa stesse cercando di dire davvero.

La sentenza pone ognuno dei personaggi di questa storia in una posizione. Caputo e la Fabozzi dietro le sbarre. La mamma di Chicca davanti alla sua tomba: ora potrà raccontarle l’ultima fiaba. Che la giustizia degli uomini arriva, prima o poi; anche se mancano ancora due sentenze per dirlo. Anche se nessuno le ridarà sua figlia.

La sentenza di oggi è allora il primo punto fermo di una vicenda sottile e complessa, basata sulla forte omertà del palazzo e sulla testimonianza delle figlie della Fabozzi che, allontanate dal contesto familiare, hanno consentito, con grandissima pazienza, di ricomporre un quadro accusatorio che all’inizio appariva francamente disperato: nessuno parlava. L’hanno fatto loro.

Forse siamo stati i primi a scrivere che Chicca era venuta giù dal terrazzo dell’ottavo piano, tesi che oggi trova spazio negli atti della Procura. E’ stato faticoso per tutti quelli che hanno seguito questa vicenda lavorarci su; non sapete quanto. Però. C’è un però. Tante le cose ancora da capire. Per esempio vorremmo sapere com’è morto Antonio Giglio, il figlio di Marianna, il 27 aprile del 2013. Altro volto da una finestra. Per vedere l’elicottero? Vorremmo capire fino in fondo il ruolo di Marianna nella morte di Chicca, perché qui le testimonianze delle sue figlie diventano improvvisamente contrastanti, perdono senso, logicità. Il dubbio che sia stata lei a gettare di sotto Chicca, resta. Oggi abbiamo una prima sentenza che toglie dalla società due persone riprovevoli in ogni caso. Chi dei due ha fatto cosa, quella mattina di giugno sul terrazzo, ancora non lo sappiamo con certezza.

di Fabio Sanvitale