Mariano Farina è vivo negli Usa?

“E’ una cosa assurda che loro pensano che Mariano sia in America. Noi non abbiamo nulla da nascondere”, dice Salvatore Farina, 62 anni, il padre di Mariano, sparito a 12 anni nel 1992 con il quindicenne Salvatore Colletta a Casteldaccia (Palermo). Sì, perché la clamorosa notizia degli ultimi giorni è questa: c’è una traccia nuova nella scomparsa dei due bambini. Negli archivi dell’Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) è saltato fuori che un Mariano Farina, nato esattamente lo stesso giorno e luogo di quello scomparso, è stato registrato per molti anni negli Stati Uniti, nelle stesse zone dove i Farina si sono trasferiti anni dopo la tragedia. L’Aire è l’albo in cui gli italiani che vivono fuori dall’Italia si segnano, per poter votare dall’estero, per fare documenti: ci si iscrive presso i Consolati. E si viene contestualmente cancellati dall’anagrafe in Italia, dove infatti Mariano non c’è più. Ma allora il figlio scomparso è sempre stato lì con loro? Lo abbiamo chiesto a Salvatore e Loreta, i genitori di Mariano, che abbiamo raggiunto a Camp Hill, a due ore da Philadelphia, dove vivono dal 1998.

“Quando ho presentato le carte all’Aire c’era anche Mariano, ecco com’è andata” dice Salvatore. “Anche se mancava, mio figlio non era morto, non c’erano prove di questo. Non potevano mettere che Mariano era morto, visto che non lo era. Ecco perché al consolato risulta che mio figlio è nello stato di famiglia”. Loreta interviene: “Io non me la sento di dire che mio figlio è morto se non lo sappiamo”.

Ma al consolato sapevano o no che era scomparso? Salvatore: “Lì al Consolato lo sanno tutti che mio figlio è disperso, lo sanno a New York e anche a Philadelphia. Risulta missing children. Se sui documenti dell’Aire non c’è scritto missing lo sbaglio non è mio. Mariano, poi, era già iscritto all’Aire da prima che scomparisse, al consolato generale di New York, perché io ero già qui da prima”. L’Aire, per la cronaca, esiste dal 1988.

I Farina infatti hanno fatto sopra e sotto con gli Stati Uniti per anni. “Ci siamo sposati nel 1978, Mariano è nato nel 1979 in Italia. Sono venuto in America nel 1980, fino al 1982-1983, ma non mi piaceva e  sono tornato in Italia. Avevo aperto l’officina. Sono stato due anni e poi siamo tornati di nuovo negli Usa, per tornare in Italia nel 1990. Poi siamo venuti qui di nuovo nel 1998 e fino al 2000 siamo stati a New York: quindi a Philadelphia, quando sono cadute le torri”.

Certo che nascondere per 26 anni un ragazzino sembra proprio difficile. “Qua ci stanno tanti paesani, si sarebbe venuto a sapere, no?” dice Salvatore. E Loreta: “Io sono collegata a tante madri cui è scomparso il figlio, sono in tanti gruppi. Se avessi mio figlio qui in America queste signore se ne sarebbero accorte. Le dico un’altra cosa. Quando mio figlio Antonino è entrato nei Navy, la Marina, si sono informati, sono venuti a scuola, sono venuti dall’Fbi a vedere che gente siamo, a parlare con noi,  perché lui era sottufficiale sui sommergibili,  se c’era qualcosa che non andava si veniva a sapere. Ci hanno chiesto anche di Mariano”. Va anche detto che se Mariano fosse stato nascosto negli Usa, iscriverlo all’Aire non sarebbe stata una buona idea, visto che significava comunque dichiararne l’esistenza in vita. E che nessun Mariano Farina risulta nei Public Records americani, dove lo abbiamo cercato. Naturalmente ora tutte le affermazioni dei Farina dovranno essere verificate dalla Magistratura, è chiaro.

Salvatore Colletta e Mariano Farina  scomparvero nel nulla martedì 31 marzo 1992. Due ragazzini diversi tra loro: Salvatore era cresciuto in paese, Mariano ci si era ritrovato un anno e mezzo prima e parlava ancora male l’italiano. All’inizio i carabinieri persero ore preziose, poi per anni si è inseguita una inutile pista mafiosa, che non ha portato a nulla. A giugno di quest’anno la magistratura palermitana ha respinto la terza richiesta di archiviazione di un caso che ormai ha 26 anni. Ma questa volta ha accolto la tesi dell’avvocato Giacomo Frazzitta, legale dei Colletta: risentire i ragazzini amici di Salvatore e Mariano, quelli che li videro quel maledetto pomeriggio di marzo e che oggi sono uomini fatti. Perché possono sapere più di quanto dissero allora (ne abbiamo parlato qui e qui).

Quei ragazzini sanno che alle 16 in via Petix (nella foto sotto) c’erano Mariano, Salvatore, suo fratello Ciro,  e Vincenzo Rosselli a giocare a pallone. Sanno che alle 16.45 Ciro se ne va a fare i compiti,  che Mariano sta per dirgli qualcosa, ma Vincenzo lo blocca. “Non dirgli niente, che fa la spia”. Sanno che alle 17.30-18 sono rimasti solo Mariano e Salvatore, che tra le 18 e le 18.30 entrano nell’ alimentari all’angolo dove Mariano compra succhi di frutta, merendine e un pezzo di pizza al forno. Ancora qualche minuto e i due incontrano l’amico Giovanni Montalto, 14 anni, cugino di Salvatore: gli chiedono di farsi un giro col suo motorino rosso. Quando tornano, però, Giovanni vede che Mariano adesso ha uno zainetto con un pallone disegnato e una coperta. Non è il suo zaino, sennò sarebbe dovuto ripassare da casa. Glielo ha prestato Vincenzo. Giovanni si riprende il motorino e i due se ne vanno, per incontrarli di nuovo alle 19, quando gli chiedono un passaggio verso il mare. Una volta scesi dal motorino, a contrada Gelso, proprio davanti l’ingresso della spiaggia, Salvatore rivela a Giovanni che stanno scappando, ma di non dire nulla. Al ritorno, invece, Giovanni parla e scatta l’allarme.

via petix dove giocavano a pallone

 

 

 

 

 

Secondo Ciro Colletta anche altri dovevano andare e poi all’ultimo s’erano tirati indietro: Vincenzo Rosselli, Ignazio (7 anni, fratello di Mariano), Vittorio Grande. Qualcuno di loro sapeva dove volevano andare Mariano e Salvatore? Vincenzo negherà a Ciro di aver mai prestato nulla suo fratello, né che sia poi passato da lui, quel pomeriggio. Ma Ciro dice invece che proprio Vincenzo gli aveva detto di aver prestato il suo zaino ai ragazzi; e soprattutto che questo zaino poi gli era stato restituito. Come? Da chi? E che Vincenzo gli ha confidato che sua madre gli ha insegnato a non parlare mai coi carabinieri, altrimenti sarebbe scomparso anche lui. “Il problema di noi siciliani è che siamo tutti genitori, però dovevano dire a Vincenzo parla, dì quello che sai, invece si tengono tutto dentro, anche il rimorso, però non dicono nulla. E’ la mentalità di paese, che non cambierà mai”, commenta Salvatore Farina. La nuova inchiesta aprirà una breccia in questo muro?

 di Fabio Sanvitale