Morte di Maria Paola, innamorata di un trans: il fratello in carcere chiede il riesame

Quando pensiamo al fratello maggiore pensiamo a qualcuno che ci ama, ci protegge e ci guida nella vita ma, purtroppo, non sempre è così nella realtà. In questa triste pagina della cronaca nera italiana l’eccessiva gelosia di un fratello ha portato alla tragica morte di una giovane ragazza di 18 anni. Stiamo parlando di ciò che è accaduto a Caivano (NA) la notte dell’11 settembre scorso quando, durante un folle inseguimento in moto, Maria Paola Gaglione ha perso la vita e Ciro Migliore, il suo fidanzato, è stato picchiato. Ad inseguire la coppia era proprio il fratello 30enne di Maria Paola, Michele Gaglione, arrestato per omicidio preterintenzionale. Il caso sembrava essersi concluso ma, diversi giorni dopo i funerali della giovane, Michele ha presentato ricorso contro la custodia cautelare in carcere: per lui si è trattato di un incidente e non di omicidio volontario. Ora gli investigatori dovranno far luce sulla vicenda.

LA TRISTE STORIA DI CIRO E MARIA PAOLA: QUANDO LA TRANSFOBIA UCCIDE

Questa è la storia di Maria Paola Gaglione e del suo fidanzato Ciro Migliore, 22enne. I due stanno insieme da tre anni e, durante questo periodo, ne hanno dovute sopportare tante: sopportano le voci sul loro conto, sopportano le cattiverie del quartiere e sopportano la discriminazione. Sì, perché Ciro è un ragazzo transgender: a 15 anni ha capito di essere un uomo ed ha preso l’importante decisione di intraprendere il percorso per il cambio di sesso. Sua madre, Rosa, lo ha accettato, comprende la sua relazione e gli sta vicino amorevolmente. Ma il loro amore non è ben voluto da tutti: la famiglia di Maria Paola non riesce ad accettare questa storia, in modo particolare Michele, il fratello maggiore: come riferito da Ciro più volte ai giornali, Michele lo minaccia, anche di morte, minaccia sua madre, cerca di farli allontanare a tutti i costi. Ma la famiglia per paura non denuncia, e vanno avanti così fino a quella tragica notte tra il 10 e l’11 settembre: i due hanno deciso di scappare da quella realtà che li incatenava.

È importante per chi legge conoscere un po’ questa realtà: siamo a Caivano, meno di 40mila abitanti, parte della città metropolitana di Napoli. Caivano è già tristemente nota ai giornali per un’agghiacciante caso di cronaca nera, avvenuto in quel di Parco Verde: parliamo della morte della piccola Fortuna Loffredo, 6 anni, gettata dall’ottavo piano di un palazzo, e di quella di Antonio Giglio, un altro bambino di 4 anni precipitato dal settimo piano in circostanze ancora irrisolte. La sfortunata vicenda di Maria Paola si aggiunge alle tante, forse troppe, che coinvolgono Parco Verde: un quartiere al centro della cronaca a causa della malavita, del degrado, della camorra, della droga, dove l’assenza dello Stato e delle Istituzioni pesa davvero tanto.

Torniamo però a Ciro e alla sua fidanzata: i due, comprensibilmente stanchi di vivere in un ambiente opprimente, stanno fuggendo in moto. Vengono presto affiancati da Michele, anch’egli in moto, che vuole a tutti i costi fermarli per riportare a casa Maria Paola ed avere un confronto diretto con Ciro. L’uomo (dal racconto di Ciro) prende a calci la moto e riesce a speronare la coppia buttandoli fuori strada. Immediatamente si accanisce contro il ragazzo, atterrandolo e pestandolo, ma non si rende conto che nel frattempo sua sorella è in condizioni critiche: è caduta su un tubo per l’irrigazione dell’acqua che le ha provocato ferite mortali alla gola. È lo stesso Ciro a richiamare l’attenzione su di lei, che peggiora velocemente, fino a perdere la vita. Maria Paola non ce l’ha fatta. Ciro però è vivo, le sue condizioni non sono gravi, ed è pronto per raccontare la dinamica dei fatti.

Michele viene arrestato con l’accusa di omicidio preterintenzionale, aggravato da futili motivi, e lesioni personali. I suoi tentativi di discolparsi non lo aiutano: “era infetta”, “volevo solo dargli una lezione”. L’uomo ha più volte sottolineato che si è trattato di un incidente e che la sua intenzione era quella di portare via Maria Paola da Ciro che, a suo dire, non sarebbe un ragazzo raccomandabile. Non gli è stato consentito di partecipare al funerale di sua sorella, ma ha scritto una lettera in cui ha riversato tutto il suo dolore ed il suo pentimento: “Per me era come una figlia (…) Ho perso un pezzo del mio cuore”.

Di recente però l’arrestato ha dichiarato di voler ricorrere al riesame: chiede la scarcerazione e presenta, tramite il suo avvocato, istanza di revisione della misura cautelare che lo costringe al carcere dal 12 settembre. Saranno gli investigatori a stabilire l’esatta dinamica dell’incidente.

Una storia, dunque, che non possiamo ancora considerare chiusa. E quando potremmo farlo? Un dolore senza fine che ci lascia con più domande che certezze. Poteva essere evitata questa tragedia? Si tratta della cronaca di una morte annunciata? La presenza incisiva delle Istituzioni, della scuola e della sicurezza poteva fermare tutto questo? Per quanto tempo il degrado e l’ignoranza soggiogheranno la gente di Caivano con la paura e l’omertà? E ancora: è stata la transfobia ad uccidere? Sui social i pareri sono discordanti: c’è chi ritiene si tratti di un caso di femminicidio e chi di odio verso le persone transgender ed insiste sull’urgenza di una legge che contrasti ogni forma di discriminazione e manifestazione d’odio basata sul gender e sull’orientamento sessuale. Al momento si stanno valutando tutte le ipotesi.

“Ti amerò oltre le nuvole” queste le struggenti parole di Ciro, scritte per la sua fidanzata nel giorno del funerale. Come possiamo restare indifferenti a tanto dolore? Il legame tra due persone è fatto da qualcosa di più dell’apparenza: non è basato sul genere, sul colore della pelle o sul credo religioso.

Non possiamo dimenticare le tante vittime della discriminazione: solo così potremo costruire un futuro diverso.

di Silvia D’Orazio