di Valentina Magrin direzione@calasandra.it
13 giugno 2013
Immaginate un paesino ai piedi della montagna, lontano dalla frenesia e dal rumore assordante dei clacson delle nostre città. Ricopritelo di un soffice manto nevoso e provate a pensare di passeggiare per le sue vie nelle prime ore di un pomeriggio di gennaio. Non incontrerete molte persone in giro, giusto qualche ragazzino che torna da scuola, qualche affezionato del bar del paese, qualche donna che si affaccia dal balcone per sbattere la tovaglia. Il tutto sembrerà quasi immobile, come un affresco di una realtà che molti invidiano, mentre altri non vedono l’ora di fuggire.
È in questo contesto che il 7 gennaio 2009 viene brutalmente ucciso il giovane Luigi Del Percio. Ed è proprio questo contesto a rendere la sua morte ancora più surreale e difficile da accettare. Siamo a Grigno, comune di poco più di duemila anime in provincia di Trento. L’assassino, fortunatamente, viene scoperto subito e messo in condizione di non fare più del male a nessuno. Di chi si tratta? Di Lorenc Smoqi, un ventunenne di origine albanese residente in paese con la famiglia da molti anni. Un ragazzo che ultimamente aveva dato segni di squilibrio. Caso chiuso in meno di 24 ore, neanche il tempo di costruirci intorno il consueto circo mediatico.
Grigno, almeno apparentemente, può tornare alla sua calma, ma quel sangue che ha sporcato la neve difficilmente si scioglierà dalle menti dei suoi abitanti con l’arrivo dei primi caldi. Anche perché qualcosa, a distanza di anni, ancora sembra non tornare. Questa fretta nel voler trovare un colpevole da mandare a processo ha lasciato dietro di sé molti dubbi, alcune cose date per scontate e altre mai approfondite. E oggi, che si avvicina il momento in cui dovrà pronunciarsi la Cassazione, è d’obbligo provare a chiederne conto.
Rivediamo dunque nel dettaglio come si sono svolti i fatti. Sono circa le 14.10 quando un corriere della SDA Express Courier, dovendo effettuare una consegna, giunge nei pressi della biblioteca di Grigno, situata all’angolo tra viale Trento e via Nazario Sauro, proprio all’imbocco del paese. La porta d’ingresso dell’edificio si trova in cima a una rampa esterna di 7 gradini. È qui, in prossimità dell’ultimo gradino partendo dal basso, che il corriere ha un sussulto: riverso a terra, infatti, c’è il corpo di un ragazzo dal quale proviene un rantolo, segno inequivocabile dell’agonia che di lì a poco se lo porterà via. Intorno non c’è nessuno, “il deserto” ricorda il corriere, che solo in fondo alla strada nota la presenza di un uomo intento a spalare la neve e corre a chiedergli aiuto. Alle 14.14 arriva la richiesta di soccorso al 118, la cui ambulanza giunge sul posto un quarto d’ora più tardi, anticipando di qualche minuto la polizia locale, i vigili del fuoco e l’elisoccorso. Luigi Del Percio (nella foto qui accanto) viene portato d’urgenza all’ospedale Santa Chiara di Trento in arresto cardio-circolatorio e shock emorragico. Alle 16.01 se ne constata il decesso. Sul corpo della vittima sono ben evidenti i segni dell’aggressione: una ferita non molto profonda che taglia trasversalmente il collo; una ferita da punta e taglio sulla parte sinistra del petto, che ha interessato l’arteria polmonare e l’aorta ascendente, perforando cuore e polmone, ed è senza dubbio la causa del decesso; alcune cosiddette “ferite da difesa” sul palmo della mano sinistra.
È subito caccia al killer. C’è una testimone, una signora che abita a una trentina di metri dalla biblioteca e che dalla finestra della cucina ha assistito all’aggressione. La donna racconta di aver visto due ragazzi camminare fianco a fianco sulla rampa d’ingresso per disabili che costeggia la biblioteca, con modi apparentemente amichevoli. Ad un certo punto tra i due inizia ad esserci qualche spintone, quindi la colluttazione vera e propria, durata pochi istanti, al termine della quale uno dei due giovani resta a terra, mentre l’altro si allontana infilando un oggetto lungo e luccicante (l’arma del delitto un coltello) dentro lo zaino che poco prima stava sulle spalle della vittima. La testimone non distingue chiaramente i volti dei due ragazzi, ma fornisce un segno distintivo per quel che riguarda l’aggressore: egli, infatti, indossava un giaccone scuro e un berretto di lana rosso. Certo è poca cosa, un giaccone scuro e un berretto rosso, abbigliamento tutt’altro che inusuale in un pomeriggio d’inverno. Ma gli inquirenti da qualcosa devono pur partire.
C’è infatti un ragazzo che vive in paese e che è noto a tutti per l’abitudine di indossare un berretto rosso: si tratta di Lorenc Smoqi, 21 anni. Vive con la famiglia in via Vittorio Emanuele, a poche centinaia di metri dal luogo del delitto. È un ragazzo tranquillo, riservato, che abitualmente lavora come operaio ma che, in seguito a una serie di lutti recenti, è entrato in crisi, si è chiuso in se stesso e ha mollato il lavoro. Neanche la moglie e l’attesa di un figlio sembrano ridargli la serenità. La sua famiglia, preoccupata per questa sorta di “depressione”, lo ha anche fatto visitare dal medico di famiglia, che ha riscontrato tutti i segni di un malessere psicologico.
Intorno alle 17.30 di quel pomeriggio d’inverno i carabinieri sono già a casa sua per capire se ha a che fare con il delitto di Del Percio. Lorenc però non c’è, è andato a trovare i nonni in un paese vicino e poi dal parrucchiere. Non appena rientra viene condotto in caserma, dove c’è la testimone del delitto. La donna però non lo riconosce, o meglio, dice di non aver visto in faccia l’assassino e quindi di non poterlo identificare in Smoqi. Tuttavia, è certa che il colore del berretto del giovane albanese sia di una tonalità di rosso diversa rispetto a quella dell’aggressore. Lorenc quindi viene lasciato andare. Nel frattempo in paese, ovviamente, tutta la popolazione è in allarme, tutti sanno quello che è successo e tutti cercano di dare informazioni utili alla cattura dell’assassino.
Alle 18.23 Lorenc viene nuovamente fermato mentre cammina su viale Trento, in prossimità della biblioteca. Il maresciallo Ronzani lo invita a salire sull’auto di servizio (la stessa, per inciso, nel cui bagagliaio si trova il sacco con i vestiti indossati dalla vittima) e lo riporta in caserma, dove viene di nuovo rilasciato perché già controllato.
Poco dopo, però, una nuova testimone si presenta in caserma. Si tratta della responsabile dell’Ufficio Postale. Dichiara che intorno alle 14.10 ha visto Lorenc Smoqui camminare in viale Trento, a circa 100-150 metri dalla biblioteca. Il giovane, secondo la donna, aveva un giaccone nero, un berretto rosso e, cosa più importante, uno zaino sulle spalle. Uno zaino: il pensiero va subito a quello di Del Percio, portato via dall’assassino. Alle 19 i carabinieri sono di nuovo a casa Smoqi. Questa volta Lorenc viene portato via e non vi farà più ritorno. Lui si dichiara innocente, ammette di essere stato nei pressi della biblioteca di Grigno nei minuti precedenti l’omicidio ma non di essere l’assassino. Le prove contro di lui però ci sono, e sembrano schiaccianti. Almeno a una prima lettura.
In primo grado Smoqi verrà dichiarato non imputabile per totale incapacità di intendere e di volere, con l’obbligo di trascorrere 10 anni in ospedale psichiatrico. Il 22 maggio 2012 la sentenza d’Appello, invece, lo dichiarerà seminifermo di mente lo condanna a 22 anni e 4 mesi di reclusione, più altri 3 anni di misura di sicurezza in ospedale psichiatrico giudiziario.
Ma chi è Lorenc Smoqi?
Quali sono le prove schiaccianti che hanno portato alla sua condanna?
Qual è il movente di questo terribile delitto?
Vittima e assassino si conoscevano?
Cosa ci faceva Luigi Del Percio, uno studente di Trento, nella biblioteca di paese di Grigno?
Come sono state condotte le indagini?
www.cronaca-nera.it
Leggi anche:
IL DELITTO DELLA BIBLIOTECA: I RISCONTRI SCIENTIFICI DELLA COLPEVOLEZZA DI LORENC SMOQI