di Paolo Cochi*, Alessandro Feri, Master Evo
Il duplice omicidio di Scandicci traccia una linea di demarcazione in termini temporali nei delitti del mostro di Firenze. Da quel delitto in poi intensifichera’ la sua attivita’ criminosa rendendola a cadenza annuale. Una vera e propria escalation caratterizzata da un sempre piu’ delineato “Modus operandi” e da una crudelta’ sempre maggiore. Il delitto di via dell’Arrigo è il primo dove il mostro compie l’escissione del pube della vittima femminile, un macabro scempio che successivamente sara’ ancor piu’ terribile con l’escissione del seno sinistro.
Passa un’estate e, il 22 ottobre 1981, il mostro torna a colpire. E’ un delitto atroce come quelli precedenti, che riconferma il macabro rito dell’ escissione e la scelta della coppia che amoreggia in macchina come “preda”. Questa volta uccide a Calenzano (nella frazione di Travalle, nel campo de “Le Bartoline”). Nonostante il modus operandi sia sempre quello “classico” del cosiddetto maniaco delle coppiette, per la prima volta colpisce fuori stagione e fuori zona. Fuori stagione perché siamo in autunno, e tutti gli altri omicidi del mostro sono stati commessi in stagioni calde (estate o fine-primavera); fuori zona perché Calenzano non è nella regione fiorentina della Valdipesa o Scandiccese e nemmeno in quella del Mugello (aree geografiche dove il mostro mettera’ a segno la maggior parte delle aggressioni) . Rilevante anche il fatto che in questo caso, a differenza degli altri dove la scelta temporale ricade sempre nei weekend, colpisca di giovedi (anche se in realta’ il giorno successivo era sciopero generale).
Il delitto di Travalle è anche quello più ravvicinato al precedente, visto che viene commesso solo 4 mesi e mezzo dopo’omicidio di Scandicci. Le “stranezze” di questo delitto non sono ancora finite: per la prima ed unica volta vengono estratti entrambi i corpi dall’automobile, visto che i due cadaveri verranno ritrovati uno a destra ed uno a sinistra della macchina. Inusuale è anche la posizione dell’autovettura, praticamente al centro di una stradina sterrata senza sfondo. E’ forse questo un delitto meno pianificato degli altri?
Difficile da dirsi, sicuramente dopo questo omicidio il mostro colpirà sempre una volta l’anno in periodo primaverile-estivo, maniacalmente preciso come un orologio svizzero. Dopo “Le Bartoline” è come se scegliesse di diventare un serial killer metodico dalla “cadenza annuale”, forse per sfidare ancora più apertamente gli inquirenti che sanno in quale stagione colpirà, avendo (si fa per dire) il piccolo vantaggio di potersi concentrare al 100% sul mostro solo in estate-primavera. Coordinare i posti di blocchi e le coppie “civetta” di agenti in borghese , insieme a tutti gli altri mezzi messi in campo per provare a catturare l’imprendibile assassino, non era sicuramente un compito semplice per nessun inquirente.
Sulla scelta di colpire a Calenzano nell’ottobre ’81 le ipotesi si sprecano, per cronaca investigativa riportiamo quelle che ci sembrano più convincenti. Plausibile il fatto che uccida solo pochi mesi dopo Mosciano per liberare il guardone Spalletti, oramai in carcere con l’accusa di duplice omicidio; forse il mostro, nella sua mente contorta, si sente defraudato delle proprie azioni attribuite in quel momento ad un guardone tutto sommato innocuo. Ipotesi che regge, ma fino ad un certo punto. Infatti non sara’ altrettanto “tempestivo”quando altri inquisiti finiranno in carcere al posto suo: per esempio Stefano Mele (condannato per il delitto di Signa 1968) rimarrà in carcere per oltre un decennio senza che nessuno dia “segnali” della sua innocenza, idem per Francesco Vinci che dovra’ aspettare 15 mesi per venire scagionato, entrambi resteranno in galera per periodi di tempo ben più lunghi rispetto allo Spalletti. Quindi, se il mostro si disinteressa che al posto suo ci sia qualcun altro in galera, l’omicidio “ravvicinato” di Calenzano si potrebbe spiegare in un aumento delle pulsioni psicologiche del serial killer, che non possono rimanere più congelate per anni. Questo aumento della smania omicida mal si concilia però con il successivo comportamento, che palesa invece un considerevole autocontrollo necessario per uccidere una sola volta l’anno per 4 anni di fila, prima di sparire per sempre nel nulla. Allora forse aveva come obiettivo la coppia di Calenzano da mesi se non addirittura da anni?
Le vittime non erano quindi casuali? Ci sarebbe un episodio (tuttavia mai ufficialmente confermato e dunque non certo), che potrebbe far pensare al fatto che le vittime fossero state scelte ad hoc : poco prima della scoperta dei due cadaveri, una voce sconosciuta avrebbe telefonato alla casa della zia della vittima femminile chiedendo di parlare con la madre della ragazza. La telefonata si sarebbe però interrotta bruscamente per un guasto sulla linea. Sarebbe significativo il fatto che la signora Cambi vivesse momentaneamente dalla sorella, assieme alle proprie figlie (vittima inclusa). Se chi telefonò era dunque il mostro, costui conosceva perlomeno la residenza provvisoria della vittima, elemento che farebbe pensare a pedinamenti e ad una scelta mirata delle coppie da uccidere.
Al di la’ delle notizie piu’ suggestive che certe, ci sono invece gli elementi emersi dai rilievi materiali, che sebbene oggettivi hanno anche questi veicolato ipotesi di vario genere, come ad esempio una pietra a forma piramidale rinvenuta in prossimita’ dalla scena del crimine; un elemento che tanti anni dopo verrà riesaminato nell’ottica dell’ indagine sui possibili mandanti dei delitti, ipotizzando che l’oggetto potesse avere un qualche significato “esoterico”. Questa ipotesi rimane però fine a se stessa, considerando anche che pietre di quel tipo, piuttosto comuni, venivano e vengono frequentemente utilizzate nelle campagne toscane, soprattutto come fermaporte.
Diversamente dal Giugno dello stesso anno, la borsetta della ragazza non sembra essere stata rovistata, anche se l’averla ritrovata forse aperta e con all’interno un borsellino completamente vuoto potrebbe indcare il contrario. Un’ “attenzione” dell’assassino verso la borsa della vittima femminile era stata rilevata non solo nel precedente del Giugno 81, ma anche nel caso del ’74; a Borgo San Lorenzo pero’ il ritrovamento della stessa fu fatto a diverse centinaia di metri dalla scena.
All’epoca comunque si tentò di indirizzare le indagini su elementi piu’ tangibili, soprattutto due impronte di stivale da caccia o pesca taglia 44, e quella pietra in granito, mezzo dipinta di rosso, si ipotizzò semplicemente che fosse stata usata per infrangere il vetro. Il ragazzo poi aveva sotto un unghia, spezzata di recente, alcune fibre ed un capello, forse strappati all’assassino, forse appartenuti alla fidanzata (Per i medici legali fu questa seconda ipotesi quella giusta). La ragazza, invece, in una mano stringeva un ciuffo di capelli neri che furono fatti risalire ad un estremo tentativo di abbracciare il fidanzato durante la sparatoria.
Il medico legale, professor Maurri, stabili’ che al momento dell’aggressione i due ragazzi stessero l’uno sull’altra in fase di preliminari e che quindi il killer per estrarre il corpo di Susanna avesse dovuto prima tirare fuori quello del compagno. Non ci si chiese pero’ ne perche’ fosse stato trasportato per diversi metri anziche’ scaricarlo subito di lato,
Il 24 Ottobre Enzo Spalletti lascio’ il carcere di Sollicciano, ma senza che nessuno gli facesse tante scuse perche ancora, secondo gli investigatori, Spalletti serbava per se la soluzione del caso. L’uscita di scena di Spalletti getto’ nuovamente le indagini in alto mare e l’opinione pubblica nel panico. Cominciarono a circolare voci incontrollate sull’identita’ del colpevole; voci che puntavano ora su quel medico, meglio se ginecologo, ora su quell’altro. Del resto non si era parlato sui giornali del “chirurgo della morte”? (un altro parto del talento giornalistico sempre dello Spezi) E quindi chi meglio di un ginecologo poteva vestire i panni del maniaco in questione? Questo andazzo convinse i magistrati a desistere dal pubblicare un possibile identikit che era stato allestito in base ad una testimonianza fatta nell’immediatezza del delitto. Due giovani, verso la mezzanotte del 22 ottobre, avevano notato una alfa GT rossa correre su via dei prati in direzione di Calenzano. L’auto per attraversare velocemente il ponticello del molino quasi li travolse, e alla guida videro bene un uomo sui 45 anni, calvo, con le sopraciglia folte e il viso stravolto. Se quell’identikit fosse stato pubblicato sui giornali, la fantasia popolare si sarebbe scatenata e nel giro di qualche giorno ci si sarebbe trovati con centinaia di false segnalazioni da vagliare. Meglio quindi tenerlo ad uso e consumo del solo personale di polizia.
L’inverno passo’ senza che accadesse nulla, ma il 19 giugno dell’82 l’orrore torno’ a sconvolgere le campagne fiorentine. A Baccaiano (frazione di Montespertoli) avviene il successivo delitto. Forse, in questo caso, il mostro rischia di fallire. L’assassino decide infatti di colpire una coppia appartata in uno spiazzo a lato di una strada provinciale non troppo trafficata ma certamente non un luogo isolato come gli altri. E’ un azzardo che forse rischia di costare caro al mostro, perché l’auto delle vittime viene ritrovata fuori strada sul lato opposto della piazzola di sosta.
Sulla dinamica di questo delitto ci sono due distinte interpretazioni: la prima, quella “ufficiale”, spiega la posizione dell’auto come conseguenza di un disperato tentativo di fuga del ragazzo che, ferito, non riesce a ripartire e finisce fuoristrada. La seconda, quella sostenuta dal legale studioso del caso Nino Filastò, ipotizza che sia il mostro stesso a spostare la macchina dallo spiazzo, facendola finire (più o meno volutamente) fuoristrada. Lasciando da parte lo studio della dinamica, indubbiamente controversa, di questo delitto occorre sottolineare l’atteggiamento “spavaldo” tenuto dal mostro.
La scelta di colpire “on the road” è verosimilmente una voglia di rischio, un messaggio di potenza che vuole trasmettere agli inquirenti e/o all’opinione pubblica. Interpretazione che troverebbe conferma nella presenza di un noto magistrato nei dintorni del luogo del delitto la sera stessa dell’omicidio, ivi recatosi per una partita a carte da degli amici. Che il mostro pedinasse persino gli inquirenti, o volesse mandare loro messaggi più o meno impliciti di sfida?
Potenzialmente interessante è anche la presenza di un poligono di tiro, ormai chiuso da anni, proprio in località Baccaiano, a meno di cento metri dalla piazzola di sosta dove vennero aggrediti i due giovani. Potrebbe essere stato un luogo frequentato dal mostro per allenarsi con la pistola, posto teoricamente anche utile per captare rumors e voci di corridoio sullo stato delle indagini visto che i poligoni sono frequentati spesso dagli apparteneti delle forze dell’ordine.
Quella notte, poco dopo le 23:30, due ragazzi si fermarono accanto ad una 127 bianca che sembrava essere uscita fuori strada su via del Virgino Nuova, all’altezza di Baccaiano. L’auto era infilata con le ruote posteriori nel fossato laterale ed aveva i fari spenti, ma non era un incidente. Ai due basto’ vedere il foro di proiettile sul parabrezza per capire al volo di che cosa si trattasse. Impauriti si accostarono ai finestrini e dentro scorsero i corpi di due giovani riversi sui sedili. Guardando meglio si accorsero che l’uomo ancora respirava, e cosi’ abbandonarono la scena per andare a chiamare i soccorsi in paese. Qualche minuto dopo l’ambulanza era gia’ sul posto, mentre i soccorritori, forzati gli sportelli che risultarono bloccati, estrassero dall’auto il ragazzo ancora vivo sebbene gia’ in coma profondo. La ragazza invece rimase al suo posto poiche’ era chiaro che per lei non ci fosse piu’ nulla da fare.
I Carabinieri, arrivati poco dopo la ripartenza dell’ambulanza, trovarono una piccola folla di giovani che pian piano si erano fermati mentre percorrevano la strada. Identificarono i testimoni e fecero i rilievi del caso, ma vista l’immediatezza del ritrovamento si preoccuparono anche di allestire posti di blocco volanti sui possibili tratti stradali che comunicavano con quel luogo.
Le vittime erano due ventenni di Montespertoli, erano usciti di casa intorno alle 22:30, ed attraversato il centro del paese si erano immessi su quella strada in cerca di un luogo appartato. Avevano scelto una piazzola che dava direttamente sulla provinciale, tanto che la coda dell’auto distava non piu’ di un metro dal margine asfaltato. Quel posto a loro, che del mostro avevano paura, dovette sembrare sicuro tanto era esposto al traffico di auto. Purtroppo si sbagliarono.
Sulla scorta delle dichiarazioni dei primi 4 giovani che erano arrivati nell’immediatezza del fatto, quelli che poi avevano dato l’allarme, i Carabinieri effettuarono una possibile ricostruzione dell’accaduto.
Mentre la ragazza stava seduta sul divanetto posteriore e il ragazzo si attardava sul sedile di guida, l’assassino aveva iniziato ad aprire il fuoco attraverso il finestrino anteriore sinistro. Il primo colpo doveva aver centrato il ragazzo alla spalla sinistra e il secondo la ragazza alla testa, ma a questo punto il giovane era riuscito evidentemente a rimettere in moto l’auto, accendere i fari, innestare la retromarcia e fuggire verso la strada. L’assasssino aveva continuato a sparare mentre il ragazzo era riuscito a guadagnare il centro della carreggiata. Poi, forse a causa del freno a mano rimasto tirato, aveva perso il controllo dell’auto che sia era infilata nel fosso incagliandosi. Il killer a questo punto, mostrando un sangue freddo eccezionale, aveva raggiunto la strada e sparato due colpi ai fari per riacquistare il vantaggio del buio. Aveva tirato un colpo al parabrezza centrando la testa dell’uomo, e rapidamente si era portato verso il finestrino di guida attraverso il quale aveva infilato l’arma sparando un altra volta. Infine aveva estratto le chiavi dal quadro, forse per spegnere le luci posteriori, e le aveva gattate in mezzo all’erba sullo stesso lato dell’auto.
Questa ricostruzione si basava sulla dichiarazione dei testimoni che avevano visto il ragazzo accasciato sul sedile mentre sedeva al posto di guida. Quando pero’ vennero interpellati gli infermieri, che avevano materialmente estratto la vittima, questi dissero tutt’altra cosa. Affermarono di aver trovato anche l’uomo sul divanetto posteriore, e il sedile “basculato” in avanti sembrava dargli ragione. L’incongruenza rimase irrisolta, con i Carabinieri che mantennero la ricostruzione originale ignorando le testimonianze dell’equipaggio dell’ambulanza.
In compenso il pm Silvia Della Monica ebbe un idea intelligente. Convinse la stampa a inserire in qualche articolo il dubbio che il ragazzo, ancora vivo, avesse potuto dichiarare qualcosa durante il trasporto in ospedale, e cosi’ fu’ fatto (Su la Nazione del 22 giugno compare effettivamente questa ipotesi, anche se il giorno prima si era esplicitamente detto che il ragazzo era spirato senza poter dire nulla).
Non passarono tre giorni che all’autista dell’ambulanza, il cui nome e cognome era apparso sui quotidiani, arrivasse una misteriosa ed inquietante telefonata. Chi chiamo’, spacciandosi prima per un magistrato, cerco’ di avere dall’Allegranti dettagli su cosa avesse detto la vittima in “limite vitae”. Al rifiuto dello stesso di parlare della cosa per telefono, l’uomo comincio’ a minacciarlo qualificandosi come l’assassino in persona.
L’episodio non pote’ mai essere verificato, poiche’ nessuno si era preoccupato di mettere il telefono dei soccorritori sotto controllo, limitandosi forse solo a quelli dell’ospedale di Empoli, e all’epoca non esisteva ancora lo strumento dei tabulati telefonici. Rimase quindi solo la sensazione che forse l’assassino da quella trappola era stato irritato, sempre che a fare quella telefonata non fosse stato qualcun’altro.
Ora pero’ il panico dell’opinione pubblica sembro’ contagiare anche gli investogatori, che dopo un anno si ritrovavano con zero indizi, 6 cadaveri sulle spalle, e il sospettato piu’ gettonato, un medico, scagionato da un alibi per questo ultimo delitto. Dovette essere questa pressione psicologica che il 30 Giugno li indusse a pubblicare l’identikit realizzato ad ottobre 81, perche’ fu subito chiaro che tale mossa aveva solo complicato le indagini anziche’ aiutarle.
Del resto l’omicidio di Baccaiano, nonostante la perdita di controllo momentanea da parte del killer, non aveva portato altri indizi. All’ora del delitto, sulla strada, erano state notate almeno una mezza dozzina di auto sia ferme che in transito, ma incredibilmente nessuna di queste porto’ ad alcunche’ di rilevante. Tra le testimonianze c’era anche quella del signor Calonaci, che a Cerbaia, una mezz’ ora prima dell’omicidio, aveva notato un uomo solo dentro una macchina in fare sospetto. Disse il Calonaci che sembrava cercasse qualcosa o qualcuno in mezzo alla folla in festa, tentando pero’ di rimanere nella parte non illuminata della strada, e che quando si rese conto di essere in piena luce, si ritrasse velocemente quasi “fosse stato sorpreso a rubare in chiesa”. Neanche quella traccia porto’ a nulla, ma il caos duro’ poco perche’ circa tre settimane piu’ tardi si verifico’ un colpo di scena…
* immagini tratte dal film-documentario “I delitti del mostro di Firenze” di P. Cochi
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