Continua l’appuntamento di cronaca-nera.it con Il Mostro di Firenze: questa settimana parliamo dell’efferato delitto del 1974 a Borgo San Lorenzo. La scia di sangue, purtroppo, sarà ancora lunga…
di Paolo Cochi*, Alessandro Feri, Master Evo
Nel settembre 1974 a Borgo San Lorenzo (località Sagginale) , il mostro compie il suo primo delitto sicuramente maniacale: è un omicidio orribile ,dove Cicci (così veniva chiamato dai fiorentini il maniaco delle coppiette) uccide la coppia per poi sfregiare il corpo della ragazza stesa a terra con decine di piccole coltellate (simili a colpi di cacciavite) e inserendole nella vagina un tralcio di vite. Le indagini appaiono subito difficili perché il delitto sembra l’opera folle di una mente malata: sette anni dopo ne avremo la conferma.
Ore 21:15 del 14 Settembre: I due fidanzati attraversano il passaggio a livello di Pesciola sotto gli occhi di una testimone affacciata alla finestra di una casa attigua. Quando la 127 del Gentilcore arriva alla ferrovia la sbarra è alzata e si abbasserà appena dopo il transito dell’auto. La testimone dirà che non c’era nessun’altra macchina a seguire… Da quel momento Pasquale e Stefania spariranno nel nulla senza essere più rivisti sino al mattino successivo.
Ore 7:00 del 15 Settembre: I familiari dei ragazzi ne denunciano la scomparsa presso la stazione dei Carabinieri di Borgo San Lorenzo.
Ore 8 del 15 Settembre: Un contadino della zona rinviene i cadaveri e comincia il “balletto macabro” del sopralluogo. Il cadavere del ragazzo occupa il sedile di guida con la testa reclinata verso sinistra, addossata al finestrino anteriore andato quasi completamente in frantumi. Quello della ragazza è invece adagiato supino sul terreno, con la testa a poche decine di centimetri dal posteriore dell’auto e con braccia e gambe divaricate. Il medico condotto, chiamato a constatare il decesso, arriverà a contare 80 lesioni da punta e taglio per poi fermarsi esausto. Non si accorgerà che tra le decine di colpi di coltello ve ne sono alcuni d’arma da fuoco. Successivamente i medici legali descriveranno ben 96 ferite da taglio complessive, una decina delle quali sferrate con violenza, soprattutto al torace, che ne avevano causato il decesso. Le altre, più superficiali, erano state invece inferte post mortem. Queste ultime risulteranno concentrate intorno ai seni, sull’interno coscia di entrambe le gambe, e alcune geometricamente ordinate a marginare l’arco pubico superiore: Un inquietante prologo dell’evoluzione degli anni 80…
Nell’auto verrà rilevato un certo disordine: Scatoline non meglio identificate sparse sul pianale assieme allo specchietto retrovisore divelto dal parabrezza e ad un mangianastri acceso, con una cassetta all’interno arrivata da tempo a fine nastro. Vi sono anche alcuni fazzolettini sparsi un po’ ovunque, uno persino in una delle scarpe dei ragazzi che si trovano, entrambe le paia, dentro l’abitacolo.
A tre metri e mezzo dal fianco destro dell’auto, sotto una pianta di vite, viene ritrovato un pantalone nuovo che risulterà essere stato acquistato quella mattina dal Gentilcore, ancora ripiegato con accanto l’incarto di una lavanderia che lo conteneva originariamente. Nello stesso punto vengono ritrovati anche la camicetta verde e i pantaloni della ragazza, nonché i jeans del ragazzo, tutto perfettamente pulito e riposto a terra con un certo ordine. Sul fianco sinistro c’è invece il giubbino del Gentilcore che, a differenza degli altri vestiti, sembrerebbe macchiato di sangue.
Ore 18:30 del 15 Settembre: A seguito di una telefonata pervenuta alla caserma di Borgo San Lorenzo, che allo stato attuale va considerata anonima, viene ritrovata la borsetta della ragazza a 250 mt dall’auto e a 5 metri dal ciglio della via di Rabatta, sul lato destro in direzione di Sagginale. I familiari però avrebbero già indicato l’oggetto come mancante subito dopo il sopralluogo della mattina . All’interno della borsa si trova il golf bianco della vittima ed altri effetti personali tra cui un diario. Tutto sembra indicare che l’omicida abbia portato con sé la borsa per frugarla con più calma, magari dopo essere tornato al proprio mezzo, per poi gettarla mentre si allontanava in direzione del paese di Sagginale. La notte dell’omicidio, alle 24:30 circa, venne notata un’ auto a fari spenti, ma con la luce dell’abitacolo accesa, ferma nei pressi di una stradina sita a 50 metri da quella dell’omicidio e collocata rispetto a questa proprio in direzione di Sagginale(!).
Mattina del 16 Settembre: Viene eseguita l’autopsia sul ragazzo e solo ora ci si accorge dei colpi d’arma da fuoco.
Pomeriggio /sera del 16 Settembre: Avendo appreso che sarebbe stata utilizzata anche un arma da fuoco, i Carabinieri tornano sul luogo e rinvengono 5 bossoli calibro 22 LR Winchester a breve distanza l’uno dall’altro, quasi fossero stati raccolti e poi riadagiati sul terreno. Secondo la signora Bonini, madre di Stefania, neppure durante questo secondo sopralluogo verrebbe ritrovato il reggiseno rosso della figlia, recuperato, secondo la donna, solo giorni dopo.
17 Settembre: Viene eseguita l’autopsia sul corpo di Stefania. Anche lei risulta aver ricevuto colpi d’arma da fuoco: almeno tre.
A seguito del completamento delle autopsie e dei rilievi, il perito balistico, colonnello I. Zuntini, lo stesso che prestò la sua consulenza per il caso del 1968, eseguirà una puntuale perizia ricostruttiva della dinamica omicidiaria: tuttavia il Colonnello non ricollega il duplice delitto a quello del 1968 pur essendo di modalità e contesto simile .
I due giovani, secondo la ricostruzione di Zuntini, sarebbero stati sorpresi dallo sparatore mentre si trovavano lei supina e lui prono sul sedile passeggero reclinato. I colpi sarebbero stati tutti esplosi dal lato destro (passeggero) dell’auto a sportello aperto. Almeno dieci proiettili ,forse undici, avrebbero investito i due giovani uccidendo Pasquale sul colpo e ferendo in modo non grave la compagna. Il finestrino sinistro, stando alla presenza dei frammenti di vetro sul terreno, si sarebbe rotto a causa di un colpo a vuoto portato da destra verso l’interno, e non da colpi esplosi dall’esterno sul lato di guida. L’omicida si sarebbe quindi avventato su Stefania ancora viva, sferrandole non meno di una dozzina di coltellate violentissime mentre si trovava ancora sul sedile passeggero. Poi, dopo un intervallo di alcuni minuti, avrebbe estratto il corpo della giovane adagiandolo a terra dietro l’auto, e qui , con apparente calma, avrebbe inflitto al cadavere le altre numerosissime ferite superficiali.
Agli occhi degli investigatori sembra sempre più evidente che ad agire sia un individuo affetto da turbe comportamentali della sfera sessuale e da questo momento la pista del maniaco diventa predominante.
Sempre il 17 Settembre, due sorelle si presentano in caserma per riferire di un esibizionista sconosciuto che le avrebbe importunate in diverse occasioni quando, separatamente, si trovavano appartate con i rispettivi fidanzati in zone non troppo distanti da quella dove si era verificato il duplice omicidio. Ma già il giorno prima qualche anonimo doveva essersi dato da fare segnalando un altra tipologia di persone, i guardoni, perché i giornali parlano precocemente della ricerca di un possibile testimone: il conducente di una 127, un “giovane sardo” che potrebbe sapere molte cose sul delitto, e che con ogni probabilità e’ la stessa persona, anche se non di origine sarda, che verrà arrestata a breve. Secondo l’anonimo in realtà il giovane avrebbe minacciato tempo prima una coppia appartatasi su una Ford Taunus.
Con queste premesse, per la prima volta, il mondo dei guardoni del luogo entrò nel mirino degli investigatori, considerando anche il fatto che la zona di Sagginale-Rabatta era nota per la presenze di coppie appartate e relativi voyeur. L’arresto dell’uomo della 127 rappresenterà il primo “approccio” fra gli inquirenti e i guardoni, e non fu certamente dialogante e collaborativo: per chi indagava, il voyeur era un potenziale assassino, non un personaggio con un hobby assai discutibile che poteva fornire indicazioni utili sull’identità del colpevole. Sulla possibilità che il mostro fosse in mezzo ai guardoni si dibatté molto negli anni successivi, con opinioni contrastanti. Un’ipotesi dello psichiatra Abraham era particolarmente suggestiva per quanto opinabile: il mostro potrebbe essere stato un guardone ed aver commesso il primo delitto in modo maggiormente “improvvisato”, come input di un impulso sadico-sessuale irrefrenabile. Il primo delitto avrebbe causato un “punto di rottura” nella psiche del mostro, il quale da guardone passivo si sarebbe trasformato in assassino seriale.
Alle 21:30 del 17 Settembre, il brigadiere Acicca arriva ad Ari in provincia di Chieti per rintracciare l’uomo della 127, G.G., ma non riesce a trovarlo poiche’ stabilitosi in un hotel fuori paese. L’uomo in questo momento sarebbe solo un teste informato sui fatti, o almeno questa sarà la versione ufficiale del rintraccio. Lo trovano alle 7:15 del 18 mentre sta installando una bilancia in un esercizio commerciale di Ari. Alla vista dei CC , mostrando i polsi, esclama: ”Siete venuti ad arrestarmi?” Poi tutti insieme si avviano verso l’hotel per recuperare gli effetti personali del fermato . Sul tavolino, nella camera d’albergo, i CC notano che una copia del resto del Carlino di lunedì 16 Settembre è aperta proprio alla notizia dell’omicidio di Borgo. La mattina di quello stesso giorno ne era stata perquisita l’ abitazione trovando una carabina , ma anche una roncola sporca di sangue. Ci vorranno tre giorni per tipizzare quel sangue scoprendo che l’unico delitto commesso con qell’arnese era stato l’aver scuoiato un povero coniglio.
18 Settembre pomeriggio: Il fermato arriva a Firenze dove inizia l’interrogatorio da parte del sostituto Persiani. Poco dopo la mezzanotte l’uomo viene sottoposto al fermo per minacce e detenzione di arma impropria. Gli elementi emersi dalla perquisizione sono ancora sotto il vaglio delle analisi tecniche.
20 Settembre:l’inconsistenza degli indizi, gli avvocati di G.G., Casabianca e Bianco, fanno istanza per la scarcerazione che arriverà in breve.
Le indagini avranno solo un altro flebile sussulto il 10 Ottobre quando si addenserà qualche sospetto su un sensitivo di Scarperia. L’uomo risulterà estraneo ai fatti in tempi brevissimi, lasciando ai magistrati quale unica alternativa quella di archiviare il delitto come commesso da ignoti. La speranza che questo episodio rimanga nel tempo un caso isolato verrà vanificata 7 anni dopo, quando la stessa Beretta calibro 22 tornerà ad uccidere ed un nuovo personaggio sarà arrestato , sempre un guardone e sempre a seguito di una segnalazione della targa dell’auto…
* Le immagini sono tratte dal film-documentario di P. Cochi “I delitti del mostro di Firenze”
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