Adinolfi: anatomia del Fai, il gruppo anarchico autore dell’attentato

 

adinolfidi Fabio Sanvitale

L’arresto dei pregiudicati Nicola Gay e Alfredo Cospito quali esecutori del ferimento dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi, avvenuto a Genova, in via Montello 14, il 7 maggio scorso, è un fatto importante: per la prima volta da mesi gli Anarchici Informali non sono solo una sigla astratta, ma assumono visi e identità precise. Quelle di un disoccupato e di un tipografo. Torinesi entrambe. Se l’immagine che in questi mesi abbiamo avuto dei membri del Fai è stata quella di un gruppo di fuoco minaccioso ed invisibile, c’è quasi da restar delusi a vedere il faccione tondo di Cospito, la sua testa caratterizzata da una calvizie così comune, così banale. Eppure, le intercettazioni telefoniche e le caratteristiche della rivendicazione, portano a loro. Eppure, è la faccia di Cospito quella che s’è impigliata nelle riprese della telecamera di sorveglianza di un bar vicino a dove hanno lasciato lo scooter, quella mattina di maggio, mentre si allontanava con una busta in mano. Non s’erano accorti, lui ed il complice, un quarto d’ora dopo aver sparato, che si stavano togliendo il casco proprio nel punto sbagliato…

Pregiudicati, dicevamo: Cospito, ad esempio, era già stato condannato in primo grado per diserzione aggravata, oltre che per l’attentato alla Crocetta del marzo 2007; è stato indagato a Milano per gli attentati al Duomo e a Palazzo Marino. All’appello, per ora, manca la Tokarev, la pistola usata per gambizzare Adinolfi. Ma i riscontri attuali sono importanti e dimostrano che il Fai –Federazione Anarchica Informale, appunto- non è una struttura invincibile, perché quando agisce sbaglia, proprio come tutti. Resta il fatto che il Fai è strutturato in un modo che rende difficile la prevenzione di future azioni criminali. Vediamo come.

Tanto per iniziare, il Fai, che è un movimento illegale, non va confuso con la Federazione Anarchica Italiana –sempre Fai è, ma tutt’altra cosa-  che però respinge la violenza come metodo di lotta. Gli anarchici informali di cui Cospito e Gay fanno parte sono una struttura orizzontale di tipo terroristico. E orizzontale vuol dire guai. Ogni gruppo è indipendente dall’organizzazione e forse non c’è nemmeno un’organizzazione vera e propria. E se ogni gruppo è autonomo, difficile risalire a tutti gli altri. A quanto sembra, questi anarchici violenti non amano molto né l’Ue e nemmeno il marxismo, che un secolo e mezzo fa fu il brodo di coltura dei movimenti anarchici di allora. E dunque: lotta armata allo Stato ed al capitale, ieri come oggi. Ogni gruppo ha un nome: Brigata 20 luglio, Solidarietà internazionale, Gruppo anarchico Morales, Cellula rivoluzionaria Lambros Fountas, Cellule Insorgenti Metropolitane, Nucleo Rivoluzionario Horst Fantazzini (povero Fantazzini: una cellula violenta intitolata ad uno come lui, quel “rapinatore gentile” che lasciava fiori alle commesse delle banche che rapinava, a scusarsi del trambusto), Rivolta Tremenda, Rivolta Animale, Sorelle in armi.

Ma perché quelli del Fai sarebbero tanto importanti, Adinolfi a parte? Innanzitutto perché vanno in giro dal 2003. Quell’anno si presentarono con una serie di attentati dinamitardi verso sedi e obiettivi UE. Per un po’ ci scordiamo di loro e loro di noi, ma il fuoco, si sa, cova sotto la cenere. Nel 2009 attentati alla Bocconi ed al Cie di Gradisca d’Isonzo. Siamo al 2010, quando il Fai prende di mira, con un pacco esplosivo, la Lega Nord. D’altronde, nelle loro rivendicazioni c’erano frasi come questa: “non potevamo precluderci il piacere di criticare attivamente il semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea che si avvia a concludersi, consapevoli che al di là della retorica ufficiale, le decisioni ratificate in questi mesi saranno foriere di ulteriori pratiche di sfruttamento e di dominio”. Il 26 marzo 2010 una lettera minatoria contenente un paio di proiettili, indirizzata al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, causa un’esplosione in cui rimane ferito il postino Pietro De Simone, di 56 anni. A fine anno, il terrore a distanza di altri pacchi esplosivi rende visita alle Ambasciate di Svizzera e Cile, causando feriti gravi. Nel 2011 il Fai recapita altri pacchi-bomba: che esplodono negli uffici svizzeri della Swissnuclear, di Equitalia a Roma, causando il ferimento del Direttore Generale Marco Cuccagna. Lo stesso giorno, viene sventato un altro botto alla Deutsche Bank di Francoforte. Tutti attentati puntualmente rivendicati dal Fai, mica scherzi.

Già nel giugno scorso però l’operazione “Ardire” dei carabinieri aveva portato ad arresti, fermi e perquisizioni in tutt’Italia proprio per le precedenti campagne di attentati: ma quello ad Adinolfi rimaneva naturalmente il più eclatante, quello cui rispondere con maggior forza. Quei primi risultati rinforzavano l’idea che gli Anarchici Informali stessero dietro l’agguato ad Adinolfi; che si preparassero ad altri attentati; e che tra loro ed i colleghi greci si fosse creata una pericolosa saldatura, un progetto comune.

Ma la Storia insegna che tutti i criminali un errore prima o poi lo fanno. Pensi ad usare una pistola pulita, non lasci tracce sullo Yamaha quando lo parcheggi in viale Orti Sauli, davanti al liceo scientifico Cassini, anzi lo rubi tre mesi prima; e poi finisce che ti togli il casco nel posto sbagliato, proprio quando pensi di aver barrato tutte le caselline alla voce “attentato perfetto”. E sì che l’avevano preparata con cura, la faccenda. Aveva scelto Adinolfi, dal 2007 Ad di Ansaldo, non a caso: ha lavorato negli Stati Uniti, in Italia alla progettazione degli impianti nucleari di Montalto e Trino Vercellese e in Francia al Superphenix,  tutti costruiti dall’Ansaldo.

L’agguato era avvenuto verso le otto e un quarto di mattina. Adinolfi era uscito di casa da solo, con una borsa 24 ore, per andare al lavoro. Dal portone al suo monovolume Peugeot, qualche decina di metri. “Era una giornata di sole. Era una bella giornata di sole. Mai mi sarei aspettato che mi accadesse una cosa del genere”. Quando era arrivato di fianco all’auto, aveva appena fatto in tempo ad aprire lo sportello che un uomo col casco integrale gli era arrivato alle spalle, avvicinato l’arma al polpaccio e fatto fuoco. L’uomo fugge in moto col complice, Adinolfi chiama il figlio per avere aiuto. Il ragazzo torna indietro di corsa, incrociando lo scooter degli attentatori.

Cosa accadrà adesso? Sarà possibile aprire una crepa sul Fai, dopo l’arresto di Gay e Cospito? Giorgio Piccirillo, direttore di una delle due branche dei Servizi, l’Agenzia informazioni e sicurezza interna (Aisi), crede che adesso ci sarà un periodo di profilo basso da parte degli anarchici. Ma poi ci riproveranno di nuovo contro i loro obiettivi classici: interessi greci in Italia e italiani in Grecia, Finmeccanica, forze armate, banche, enti economici. “I numeri dell’organizzazione sono difficili da quantificare”, ha spiegato Piccirillo. Anche perché sembra che il Fai sia in espansione. E proprio questa sarà probabilmente il suo punto debole. Difficile, infatti, per qualsiasi gruppo terroristico di qualsiasi matrice, espandersi e mantenere una struttura “spontaneista”, svincolata cioè da un’organizzazione interna, dove ognuno si alza e spara quando vuole. “Negli ultimi tempi abbiamo qualche riferimento in più, dovuto al fatto che si sta passando da una situazione generalista a una più organizzata, probabilmente presto avremo altri elementi”.
La controffensiva è appena iniziata.