Federica Mangiapelo: il lago custodisce il mistero

 

braccianodi Fabio Sanvitale

Il lago di Bracciano continua a custodire il mistero della morte di Federica Mangiapelo: ma forse c’è qualche spiraglio nella ricerca della verità. Da ieri Marco Di Muro, il fidanzato, è iscritto nel registro degli indagati. È un atto dovuto, senza il quale non sarebbe giuridicamente stato possibile fare delle analisi sulla sua automobile. Ma è anche un atto che ci dice qualcosa: e cioè che al momento l’inchiesta non conosce alternative che indagare su di lui. Il che non significa che sia colpevole di qualcosa, naturalmente.

Chi cerca la verità sulla morte della sedicenne di Anguillara, un borgo di sedicimila abitanti affacciato su un angolo del lago di Bracciano (da qui il nome), concentra in queste ore i suoi sforzi sul ragazzo. Esaminano la sua auto i carabinieri, nelle loro tute bianche, mentre in un’altra stanza altri militari confrontano i dati dei tabulati telefonici di lui e lei, per capirne movimenti e pensieri. Tutto può essere utile per ricostruire i tanti elementi del puzzle.

Si sa che un’amica di Federica è stata sentita per alcune ore dai carabinieri, ma non si sa cosa possa aver detto: troppo presto per dire che è la svolta nelle indagini. La verità è che gli elementi sul tavolo degli investigatori sono pochi. La testimonianza di Marco, che avrebbe lasciato Federica non a casa ma a qualche chilometro di distanza. Che parla di una lite. E poi, due ore di vuoto, fino al momento della morte, le quattro del mattino.

Nessun segno di una lite, niente: però, una clavicola lussata, che fa pensare ad una caduta. Certo, c’è qualcuno che, forse, l’avrebbe vista sul lungolago, da sola, alle tre di notte. Al teste sembra Federica, ma essere certi dell’avvistamento non si può essere: passando in auto, al volo, una visione improvvisa può essere giusta e sbagliata. D’altronde sul lungolago delle Muse Federica non poteva arrivarci da sola: solo in macchina con qualcuno, facendo dieci minuti di strada. È in quei quattro chilometri e mezzo che si nasconde un segreto. Perché resta davvero fuori da ogni logica immaginarsela, al freddo di una notte di pioggia, camminare da sola lungo una provinciale per andare su una spiaggia buia. In ogni caso, se fosse lei, doveva esserci comunque qualcuno.

Alle quattro Federica era già morta, ed i primi risultati degli esami tossicologici dicono che non c’era alcool nelle sue vene: per farla breve, non era ubriaca. Se è stato malore, non fu per quello. Ma, se è stato malore, perché chi ha assistito alla sua morte non ha chiamato i soccorsi? Perché l’ha lasciata laggiù? Perché ha gettato via giubbotto e cellulare di lei, ancor oggi introvabili?

Così, oggi Marco Di Muro è ufficialmente indagato per omissione di soccorso: se non si trovano elementi per accusarlo di omicidio  -e oggettivamente non ce ne sono-  il giudice Alessandra Pinto gli contesta allora l’ipotesi più plausibile dopo l’autopsia, anche se oggi come oggi le due ipotesi, nella testa di giudici e militari, sono e restano alternative ed ognuna delle due aspetta le prove che ne giustifichino l’esistenza.

Ora si aspettano novità. Diciamocela tutta: il non detto generale è che Marco debba sapere qualcosa di più, visto che è l’ultimo ad averla vista viva. Cosa, non sappiamo, ma qualcosa. Era la persona più vicina a Federica, quella notte. A meno che qualcun altro, vista la ragazza da sola, in quella notte che è stata l’ultima, non le abbia ad esempio offerto un passaggio a casa, non abbia perso la testa, non sia successo qualcosa. Ipotesi che spiegherebbero alcune cose, spiegherebbero l’averla trovata lontana dal paese, lontana da casa della persona che fu presente quando tutto accadde. E che l’ha lasciata in un luogo isolato, il più lontano possibile…ma sono solo ipotesi, appunto, nient’altro, buone per un romanzo e non per un’indagine basata sui fatti.

Il lago di Bracciano custodisce ancora la verità su quella notte.

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