Delitto del lago: un’alga dirà il nome dell’assassino di Federica Mangiapelo?

E’ stato un giorno importante, quello di ieri al Tribunale di Civitavecchia, quando di fronte al Gip accusa, difesa e parte civile si sono fronteggiati sulle ultime perizie per la morte di Federica Mangiapelo, la sedicenne trovata sulla sabbia del lago di Bracciano poco dopo l’alba del primo novembre 2012.  C’erano tutti, c’erano Rossella, la mamma, e Luigi, il papà. Spiccava l’assenza di Marco Di Muro, all’epoca fidanzato di Federica, oggi indagato per omicidio volontario, che fin dall’inizio di questa storia ha scelto però di non dire nulla, nè di farsi vedere. E’ un suo diritto, per carità.

E’ stata un’udienza lunghissima, quattro ore per ripercorrere passo per passo tutto quello che è successo. E per confrontare, davanti al Giudice per le Indagini Preliminari, Giovanni Giorgianni, le tesi dell’accusa e della parte civile da una parte, della difesa dall’altra. E cosa dicono queste tesi? I primi sostengono, forti dell’ultima perizia chiesta dal giudice, che Federica è stata annegata. I secondi che no, non è vero, Federica è morta per miocardite, una malattia cardiaca silente, esplosa di colpo quella notte, al buio del lago di Bracciano. E’, questa chiesta dal Gip,  la seconda perizia che viene chiamata a decidere com’è morta Federica, perchè la prima aveva spaccato in due la squadra dei periti: due per la miocardite certa, uno per l’annegamento e basta. Così ne è stata ordinata una seconda, di perizia: e stavolta altri tre esperti hanno detto che non c’è dubbio, Federica è annegata. Lo hanno spiegato ieri, perché. E non è un perché di poco conto: Federica era una bravissima nuotatrice, è affogata in venti centimetri di lago: possibile? Se il cuore non c’entra, chi l’ha uccisa? La prova dell’annegamento, dicono i nuovi periti, è in quelle tracce di microscopiche alghe trovate nei polmoni, nel cervello, nel fegato e nel sangue. Alghe tipiche del lago, che non stanno lì per caso. E qui si torna alla domanda numero uno: come è arrivata Federica sulle rive del lago in tempesta, in una notte di pioggia, a chilometri e chilometri da casa e soprattutto da dove Di Muro, dopo l’ennesima lite, l’aveva lasciata, quella notte? Logico pensare a lui, alle sue contraddizioni su tempi e spostamenti, ai suoi jeans frettolosamente messi a lavare la mattina dopo, che i carabinieri hanno tirato fuori dalla lavatrice in funzione. Per trovarci sopra le stesse alghe che ha bevuto Federica.

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Ma hanno detto di più, i periti. Hanno parlato di abrasioni sulla fronte e sul collo della ragazza, che potrebbero essere state causate da trascinamento e compiute, comunque, mentre Federica era ancora in vita. Si allungano ombre nere su Marco Di Muro, adesso. L’immagine davanti agli occhi di tutti è quella di Federica che lotta per la vita sulle rive del lago, quella notte (nella foto in alto, il luogo dov’è stato trovato il corpo). E’ andata così? A quasi due anni, quello che era parso un incidente ha sempre più i tratti di un delitto. Al Gip stabilire, adesso, se archiviare o fissare l’udienza di fronte al Giudice per l’Udienza Preliminare, dove il delitto del lago potrebbe iniziare a diventare un processo.

di Fabio Sanvitale