Mostro di Firenze: intervista a Ruggero Perugini

Cronaca-nera.it, in relazione agli ultimi sviluppi sugli atroci delitti del mostro di Firenze, ha intervistato per voi Ruggero Perugini, all’epoca a capo della SAM (Squadra Anti Mostro).

Dottor Perugini, Lei ha seguito alcune delle vicende criminali più rilevanti della toscana della fine anni 80 inizio 90, come quella dei Sequestri di persona e del terrorismo. Come ci si ritrova a essere oggi ricordato soprattutto come l’investigatore principale della vicenda “ mostro di Firenze”?

vignaEssere ricordato soprattutto, ma direi solamente, come l’investigatore principale della vicenda mostro di Firenze è una cosa con la quale ho imparato a convivere. È un’etichetta che i media mi appiccicarono nel momento in cui le indagini ci condussero a individuare in Pietro Pacciani il presunto autore della serie delittuosa. Però non è del tutto giusta: la vera anima dell’inchiesta fu Pierluigi Vigna che credette fermamente nella necessità di un approccio innovativo. Per non parlare del lavoro immane svolto dai colleghi che mi hanno preceduto e accompagnato in questa lunghissima staffetta investigativa. Io ho raccolto il testimone e con esso l’etichetta. C’e’ stato un tempo in cui l’impossibilità di staccarmela di dosso mi dava una sensazione di claustrofobia. Che quell’indagine avesse inghiottito oltre al mio privato anche la mia intera vita da investigatore mi irritava, ma era solo vanità professionale e mi è passata da un pezzo.

pacciani giovaneSi torna in questi giorni a parlare dell’inchiesta – mostro, per via della riesumazione dei resti di  Pietro Pacciani , a seguito della quale il Pm , dottor Canessa, ha dichiarato di aver disposto la conservazione del dna per usi e confronti su reperti futuri. Lei ritiene, in virtù delle moderne tecniche  di ricerca, che sarebbe oggi utile analizzare i vecchi reperti per rinvenire tracce del dna dell’autore o di altri autori?

Certamente penso che i più recenti sviluppi delle tecniche scientifiche d’investigazione giustifichino ulteriori passi in questa direzione. Immagino che gli inquirenti ci abbiano già pensato.

Le risulta che all’epoca siano state isolate e tipizzate le abbondantissime  tracce ematiche presenti sulla tenda teatro dell’omicidio dell’85, sia per effettuare la ricostruzione della dinamica, sia ovviamente  per cercare un gruppo sanguigno diverso da quello delle vittime?

Sì, mi risulta.

In base alla Aua esperienza personale e alla documentazione fotografica ,ci può dire qualcosa in più alla  data dell’ultimo omicidio dell’85 ?

Non posso dirle nulla di più o di diverso da quanto sia già riportato nella documentazione ufficiale. Ricordo che fu l’unico caso in cui si rilevò il tentativo di celare alla vista il cadavere dell’uomo. Trovai la cosa significativa.

Esistono agli atti 16 diapositive scattate dalle vittime francesi e rinvenute nella loro macchina fotografica, Lei ricorda se furono utili al fine di ricostruire i movimenti delle vittime nei giorni precedenti l’omicidio o se erano totalmente irrilevanti dal punto di vista investigativo?

Non ne ho memoria, almeno in questo momento. Ricordo che ricostruimmo abbastanza compiutamente i movimenti delle vittime.

Lei racconta nel suo libro, “Un uomo abbastanza normale”, di aver avuto occasione di vedere dal vivo la scena del crimine dell’omicidio 19\6\82. Che impressione ebbe all’epoca sul tipo di autore?

Non ebbi dubbi che si trattasse del medesimo assassino seriale. Badi, sto usando un termine che all’epoca non conoscevo. In Italia, nell’82 non si aveva ancora idea di cosa fosse un serial killer. E nemmeno in America, per la verità. Però gli americani avevano già cominciato ad analizzare la loro casistica con un approccio eminentemente investigativo.  Appresi da loro il metodo che poi applicammo sul campo.

La letteratura criminologica indicherebbe questa tipologia di delitti opera di un serial killer, Lei come si pone di fronte a questa indicazione della scienza criminologica rispetto a questo caso?

Mi permetta una precisazione: più che una scienza, la criminologia andrebbe considerata come un serbatoio che raccoglie conoscenze attinenti ai più svariati ambiti scientifici. L’indicazione del tipo d’autore emerge dalle analisi statistiche e socio-psicologiche, interpretate alla luce dell’esperienza investigativa.
Detto questo, le confermo che il profilo d’autore tracciato dal FBI e che definisce il responsabile di quei delitti come un serial killer, mi trova pienamente d’accordo.

signa 68Il delitto del 1968 di Signa è da annoverarsi come primo delitto della serie? È plausibile, invece, che l’arma sia passata di mano, secondo Lei?

Sono intimamente convinto che il delitto del 1968 appartenga alla medesima serie e che sia stato il primo. Mi sembra abbastanza improbabile, invece, che l’arma sia passata di mano. Un’altra indicazione che proviene dall’analisi di questa tipologia di delitti è che l’arma con cui vengono commessi non viene abbandonata sulla scena del crimine.

Può esser verosimile la modalità mandante-esecutore per delitti del genere?

Delitti così fortemente caratterizzati parlano di una specifica ossessione, profondamente radicata ed individualizzata. Impossibile condividerla appieno con altri o appagarla per interposta persona.
Ciò detto, tutto è possibile. Però non ci credo.

Lei ebbe modo di interrogare Vanni e Lotti già nel luglio del 90, che impressione Le fecero? E più in generale, che impressione trasse da tutto l’ambiente di San Casciano che contornava questi soggetti, vari testimoni compresi?

Di non particolare vivacità mentale. Non posso parlare dell’ambiente sancascianese in senso lato, sarebbe presuntuoso e improprio. Ho incontrato sia la diffidenza che il sincero desiderio di aiutare, come dappertutto.

Se un caso criminale come quello del “mostro” si proponesse oggi, si avrebbe un “approccio” diverso con le nuove tecniche investigative e di analisi, rispetto agli anni 80?

Non c’è dubbio che gli investigatori si troverebbero a disporre di strumenti che negli anni 80 non ci saremmo mai sognati. Ciò implica però un’aumentata responsabilità nella gestione e lettura della scena del crimine, il che richiede esperienza. Il laboratorio è essenziale ma è il ragionamento investigativo che porta a rilevare correttamente gli elementi di prova quello che secondo me continuerà a determinare il successo o l’insuccesso di un’inchiesta.
Comunque mi auguro di tutto cuore che la vicenda del mostro di Firenze rimanga un caso unico nella storia criminale mondiale. A me personalmente è bastato e avanzato.

di Paolo Cochi