Guardie del corpo e scorte: viaggio in Italia, tra realtà e fiction

scortadi Alessandro Cascio direzione@calasandra.it

ex investigatore privato – socio fondatore APIS

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14 marzo 2013

Come sono organizzate le scorte in Italia? Come sono gestite? Quanto sono preparati gli uomini che le fanno? L’approccio ai servizi di scorta è drammaticamente cambiato, nel nostro Paese, dopo l’assassinio di Marco Biagi ed è – pertanto – solamente nell’ultimo decennio che sono maturate competenze specifiche per questi servizi, nell’ambito del personale appartenente alle forze dell’ordine. Oggi come oggi, infatti, tutto quello che riguarda le scorte è diretto da un nuovo organo centrale – nato nel 2002 – e battezzato UCIS (Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza personale) . Prima di allora tutto era lasciato quasi al caso ed era alquanto disorganizzato: pensiamo al rapimento di Aldo Moro. Si occupavano prevalentemente di fare le scorte gli agenti appartenenti alla DIGOS coordinati dalle Prefetture locali, senza avere alcun addestramento particolare.

Poi è nato – finalmente – un centro di formazione specifico di addestramento e istruzione professionale per gli operatori destinati ai servizi di scorte, ad Abbasanta (Oristano). Il corso  forma circa 500 agenti l’anno – e dura 5 settimane. Una settimana di aggiornamento ogni 3 anni ti permette di mantenere l’abilitazione. Quindi mi pare – tutto sommato – che non possano uscire da questa modesta esperienza dei mostri di bravura. Il valore professionale, in questo ruolo, infatti, si guadagna soprattutto sul campo. Ciononostante nulla si può dire in merito al livello in generale di questa scuola, da cui transitano persino i NOCS (i reparti speciali di polizia)per svolgere un corso di perfezionamento che – nel loro caso – dura 6 mesi.

Quanti sono gli uomini impiegati nel settore? E quante le personalità sotto scorta? Attualmente gli operatori appartenenti alle cinque forze di polizia ed operanti continuativamente sono poco più di 2.000 e guadagnano circa 1.200 euro netti al mese (tranne le guardie del corpo dei premier: vedremo più avanti), 1.500 invece i soggetti sotto scorta, per molti dei quali non esiste più l’attualità del rischio, 800 le auto blindate. Il numero degli operatori raddoppia però se si considerano anche le scorte “occasionali”: in questi casi vengono impiegati agenti per lo più sottratti alle Volanti, causando così un pericoloso disservizio nel controllo del territorio.

La gestione politica del fenomeno relativo alle scorte è scandalosa e imbarazzante, con uno spreco di denaro pubblico alle stelle. Non solo. Già 10 anni fa un decreto legge permise agli autisti di alte personalità che rivestivano incarichi di governo di essere equiparati agli agenti di polizia per “salvaguardare meglio l’incolumità dei politicanti da loro assistiti”. Avete capito bene? E lo scempio continua. Provvedimenti ad hoc hanno permesso di sottrarre gli uomini di scorta destinati ai capi di governo al controllo dell’UCIS e di assimilarli – invece – al CESIS divenuto nel 2009 AISI, ovvero ai servizi segreti, equiparandone funzioni e trattamento economico.

Altre norme ad personam hanno poi consentito di introdurre la chiamata diretta (niente concorsi!), così l’ex premier Berlusconi ha potuto assumere i suoi uomini di fiducia – ex gorilla FININVEST/STANDA – trasformandoli a tutti gli effetti di legge in 007 al suo esclusivo servizio… E questa scorta – stabilirà lo stesso premier nel 2006 prima di cedere la poltrona a Prodi – è attiva e valida anche per gli ex Presidenti del Consiglio, così il Cavaliere si è garantito a vita un servizio a spese della collettività. Un servizio che costa a noi contribuenti circa 200 mila euro al mese.

La professione della guardia del corpo – che è un lavoro impegnativo e probante, che richiede qualifiche elevate – in Italia però non è regolamentato da nessuna legge.  O meglio, è esplicitamente vietato ai privati cittadini fornire servizi di scorta, cioè proteggere l’incolumità di una persona. Questii servizi sono – l’abbiamo visto prima – di esclusiva pertinenza delle Forze dell’Ordine e così qualunque tentativo di sostituirsi a loro viene considerato illegale.

In Europa – invece – le cose vanno diversamente. Per esempio, in Inghilterra il settore della sicurezza privata è regolamentato dalla SECURITY INDUSTRY AUTHORITY (SIA) – istituita nel 2003 – che ha il compito di rilasciare le licenze in funzione del ruolo che si vuole rivestire. Ed esiste – appunto – una licenza specifica definita “CLOSE PROTECTION” per operare in qualità di agente di protezione ravvicinata (guardia del corpo). Prima di richiedere questa licenza occorre ottenere una qualifica (il certificato di 3° livello), presso uno degli enti accreditati che organizzano i corsi di formazione.

E’ chiaro che è giunto il tempo, in Italia, di porre rimedio ai sotterfugi cui sono obbligati gli addetti ai lavori, una moltitudine di operatori privati comunque operanti in un campo dove si contrappongono soggetti improvvisati e pericolosi a professionisti seri e preparati; tutti costretti però a escamotage mortificanti pur di lavorare in un settore avvincente che potrebbe offrire molte opportunità…oltre che sottrarre alla spesa pubblica milioni di euro.

Uno spiraglio – forse – si è aperto con il “pacchetto sicurezza” ed i nuovi decreti attuativi. Personalmente confido in una norma che lasci a casa gli esaltati e dia spazio a professionisti equilibrati e qualificati. E soprattutto che non permetta in alcun modo il nascere o proliferare di “polizie private o parallele”.

L’Associazione Professionisti Investigazioni e Sicurezza – tra i vari progetti- si è assunta l’impegno di fare tutto il possibile per proporre in ambito istituzionale il riconoscimento giuridico dei professionisti definiti  “guardie del corpo”.

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