di Daniele Spisso
Sabato 24 luglio 1971: Simonetta Ferrero (una brava ragazza di 26 anni, con una vita privata assolutamente normale, sgombera da qualunque tipo di complicazione passionale) non avrebbe mai immaginato che quello sarebbe stato il suo ultimo giorno di vita. Era anzi una giornata felice per Simonetta: in serata, alle 18, la attendeva un volo per la Corsica, dove si sarebbe recata assieme ai suoi genitori per trascorrere una spensierata vacanza estiva di due settimane.
Simonetta si alza intorno alle 10 quel sabato mattina e, dopo aver fatto colazione, si prepara ad uscire di casa. Deve infatti sbrigare alcune rapide commissioni, prima della partenza per le vacanze. Verso le 11 lascia la sua abitazione, in via Osoppo, e prende il tram della linea “15”, che la porta fino in corso Vercelli. Quì scende e, proseguendo a piedi, si reca in una libreria, presso la quale acquista un dizionario di italiano-francese (utile per il soggiorno estivo in Corsica). Successivamente, entra in una profumeria ed effettua alcuni acquisti. Forse cambia anche dei soldi, perchè nella borsetta bianca che ha con se ci sono 300 franchi francesi. Il suo tragitto a piedi, iniziato in corso Vercelli, termina in via Giosuè Carducci: quì, Simonetta accede alla galleria Giuseppe Borelli ed entra in un’altra profumeria, presso la quale acquista alcuni articoli. Ha solo un’altra commissione da dover sbrigare: in via Bernardino Luini, la attende un negozio di tappezzeria presso il quale deve lasciare un campione di stoffe che è avanzato, dopo essere stato impiegato per alcuni rivestimenti in casa.
Ma Simonetta, dal tappezziere di via Luini, non arriverà mai. E non torna neanche a casa. I suoi genitori, preoccupati e spaventati per l’anomalo ritardo e per la mancanza di notizie della figlia, trascorrono un sabato drammatico: la vacanza in Corsica salta naturalmente e, in serata, dopo ore di attesa inutile e di angoscia, si recano presso il commissariato Magenta, a denunciare la scomparsa della ragazza. Per un giorno e mezzo non succede nulla. Poi, lunedì 26 luglio mattina, una tragica scoperta e una orribile notizia: alcuni studenti dell’Università Cattolica, in piazza Sant’Ambrogio a Milano, scoprono con sgomento il cadavere di una ragazza nei bagni femminili della scala G dell’edificio, presso la facoltà di Scienze politiche.
La ragazza è stesa sul pavimento del locale “servizi femminili”, in un mare di sangue: sangue che ha imbrattato anche pareti, porte e lavandini del locale stesso. Viene immediatamente avvisata la Squadra Mobile di Milano, all’epoca diretta dal dottor Enzo Caracciolo. Gli inquirenti giungono subito sul posto e, dai documenti trovati nella borsa della ragazza, sulla scena del fatto, la identificano: è Simonetta Ferrero, la giovane ventiseienne scomparsa da quasi due giorni, la cui mancanza di notizie era stata denunciata il sabato sera precedente presso il commissariato Magenta.
L’autopsia, affidata ai professori Leopoldo Giuseppe Basile e Guglielmo Falzi, stabilisce che Simonetta è stata aggredita e uccisa con 44 colpi d’arma da taglio, inferti al collo, al torace e all’addome. Vi sono anche alcune ferite da difesa, riscontrate sulle braccia e nelle mani: come se la povera ragazza, per cercare di sottrarsi alla furia dei colpi che la investiva, abbia tentato di ripararsi con le braccia e poi di afferrare il coltello, bloccando la lama con le mani. L’arma viene identificata come un tipico comune coltello, dalla lama lunga non meno di 15 centimetri e larga 2. L’esame tossicologico dà esito negativo. L’esame autoptico stabilisce che, approssimativamente, Simonetta è stata uccisa 35/40 ore prima del ritrovamento del suo corpo, e comunque non più tardi delle ore 11:30/12:00 di sabato 24 luglio. CONTINUA…
Leggi anche:
SIMONETTA FERRERO: STORIA DI UN DELITTO RIMASTO IMPUNITO. SECONDA PARTE
SIMONETTA FERRERO: STORIA DI UN DELITTO RIMASTO IMPUNITO. TERZA PARTE