Antonio e Stefano Maiorana: doppia scomparsa a Palermo. Chi li voleva morti?

maioranadi Fabio Sanvitale direzione@calasandra.it

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21 ottobre 2013

Padre e figlio, Antonio e Stefano Maiorana, spariscono insieme la mattina del 3 agosto 2007, vicino Palermo (leggi QUI la ricostruzione della scomparsa). Le indagini portano al cantiere edile – delle società “Calliope” ed “Edilia” –  di cui Antonio era consulente. Risaliamo ad una ventina di giorni prima, quando Maiorana si avvia verso la sua fine. Da tempo, infatti, l’uomo si dichiara insoddisfatto del suo compenso: 50.000 euro non bastano.  D’altronde, ha il coltello dalla parte del manico: i rapporti con le banche, per i mutui, li gestisce lui. Gliene danno altri 25.000. Non basta. Vuole altri soldi, oppure la cessione alla sua convivente, Gabriela Andrè, del 50% della “Calliope”. E’ una richiesta assurda, eppure va in porto. Com’è possibile che Paolo Alamia, uno dei due soci della “Calliope”, ceda così facilmente a Maiorana? Perché non ne sa nulla. Maiorana fa il furbo. Con l’aiuto di un notaio amico fa l’atto di trasferimento quote senza Alamia. Sa talmente tanto di stare giocando sporco che, quel giorno, dice alla Andrè di prendere i suoi figli – Stefano e Marco, nati dal matrimonio con Rossella Accardo – e nascondersi in un posto che neppure lui vuole sapere dov’è…

Ma per quello che ha fatto, non lo ammazzano. E se non lo ammazzano, deve aver avuto in mano qualche asso, no? Ma quale? E perché ci interessa?

Ora siamo al 1 agosto 2007. Mancano 48 ore alla tragedia. Dallo stesso notaio ci sono Maiorana e Dario Lopez, detentore dell’altro 50% della “Calliope”: c’è una rissa tra loro. Perché? Lo chiediamo a Rossella Accardo, mamma di Stefano ed ex moglie di Antonio, che da 6 anni cerca la verità su questa vicenda: “gli acquirenti di quei residence stipulavano due atti, uno per comprare l’immobile ed uno per personalizzarne le finiture interne. Quindi pagavano due somme diverse. Lopez chiedeva che le finiture non fossero liquidate contestualmente all’acquisto. E qui sono venuti alle mani, ci fu una camicia strappata. Maiorana, infatti, temeva che Lopez volesse gestire in proprio i pagamenti delle finiture, sottraendoglieli”. Il clima si fa pesante, molto pesante.

Ma che carattere aveva Antonio? “Era stato curato per una distimia bipolare” risponde Accardo  “alternava un umore tranquillo a improvvise crisi di rabbia. Non aveva un carattere facile, insomma. Nei giorni precedenti la scomparsa, poi, sembrava davvero esasperato dal rapporto coi soci. E ultimamente, ho scoperto poi in cantiere, aveva licenziato Pietro Cinà, prestanome dei Lo Piccolo, i boss mafiosi della zona”.

Ora siamo al 3 Agosto 2007: Lopez e Stefano Maiorana prendono un caffè insieme. Manca pochissimo alla tragedia. I due tornano al cantiere. Trovano Antonio. Padre e figlio si allontanano, dicendo che torneranno tra dieci minuti: e spariscono nel nulla. Strano: Antonio lascia in ufficio il borsello, da cui non si separa mai. Come se lo spiega? “Questa è una cosa troppo anomala: dentro c’erano le chiavi di casa, i documenti. Forse non ebbe il tempo di prenderlo? A me fa pensare che siano stati costretti ad allontanarsi. E se è vero, qualcuno in cantiere ha visto?”.

C’è una terza vittima, in questa storia: è Marco, il fratello di Stefano, suicidatosi il 6 gennaio 2009. Rileggendo tutto alla luce della “pista del cantiere”, anche la sua morte si rivela molto di più del drammatico risultato di una depressione. Seguiteci.

maioranaMarco Maiorana, la mattina della scomparsa, infatti, è particolarmente preoccupato: prova a chiamare il fratello, il padre, quindi corre al cantiere e poi chiama la Andrè. Ha capito qualcosa? “Marco mi disse che il padre aveva fatto una furbata in barba a tutti” dice Accardo. Ma, se sapeva qualcosa, perché non ne ha mai parlato con nessuno? “Lo dicono i giudici: perché era plagiato dalla Andrè, fu lei a dirgli che i carabinieri avevano rubato gli orologi di suo padre nelle perquisizioni, quando invece li aveva presi lei per rivenderli, come fu poi accertato. In questo modo Marco non poteva certo fidarsi dei carabinieri». Così come Marco era presente quando la donna, pochi giorni dopo la scomparsa, fece smontare la memoria del portatile del padre. Prima di uccidersi, Marco s’era convinto di essere stato responsabile della morte del fratello: per non averlo fermato quella mattina, quando aveva capito che stava andando ad un appuntamento pericoloso.

E qui siamo tornati al punto. Pericoloso perché? Chi ha fatto sparire i Maiorana? “Antonio voleva consegnare gli appartamenti il prima possibile, fare liquidità e reinvestire. Così, ha cercato di fare il furbo, di alzare il costo della sua consulenza ed ha costretto i suoi soci a far entrare la Andrè nella “Calliope”. E s’è guadagnato molti nemici. Era nemico Francesco Paolo Alamia (oggi 78enne, per una vita in affari col sindaco mafioso Ciancimino), che dovette cedere la sua quota alla Andrè. Era nemico Lopez, che, dopo la lite dal notaio, vedeva in Maiorana un ostacolo. Erano nemici i Lo Piccolo, dopo lo sgarbo fatto con Cinà. Questa concentrazione di astio verso Antonio Maiorana è stata fatale?

Rossella Accardo ha un’idea su come il suo ex marito possa aver evitato l’ira di Alamia. “Forse Antonio lo ricattava. La Andrè ha confermato di aver partecipato, bendata e portata da Maiorana, a delle gang bang. Non sappiamo chi potesse esserci, ma sospetto che Antonio possa aver usato quelle situazioni per acquisire foto compromettenti (la Andrè ha confermato ai carabinieri l’esistenza delle foto, Nda). Purtroppo, per molte cose le indagini sono state fatte in modo blando. Nell’immediato mi hanno negato le unità cinofile e nessuno ha sequestrato il portatile di Antonio” dice Accardo.

E conclude: “la logica del non vedo, non sento, non parlo ha portato la Sicilia dove siamo,  ma sugli scomparsi si deve fare prevenzione… ecco perché sto lavorando perché la Regione Sicilia faccia la sua parte, in questa direzione. Io, su questa storia, sono pronta a metterci la vita”.

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