Omicidio Pasolini: interrogatorio Pino Pelosi, Idroscalo di Ostia


Pier Paolo Pasolini, omicidio Idroscalo di Ostia

L’Alfa 2000 si apparta nel campetto da calcio, vicino alla porta.  Inizia un rapporto sessuale che però si interrompe, secondo quanto raccontato da Pino Pelosi. Pino esce dalla macchina, si avvicina alla recinzione e Pier Paolo Pasolini lo insegue, diventa violento. Sempre secondo i racconti di Pelosi, Pasolini prende un bastone e lo rincorre per altri 50 metri.

Gli Interrogatori di Pino Pelosi

Mentre la macchina si avviava sulla vecchia strada di Ostia, l’uomo mi ha fatto presente che si dirigeva verso Ostia dicendomi che conosceva un posticino dietro un campetto di calcio. Infatti la macchina scantonava per una traversa dirigendosi verso un campetto e poi proseguiva per una stradetta e quindi camminando ancora un poco per un prato si è fermata vicino a una rete di recinzione, “con la parte anteriore verso la rete metallica”. La zona era completamente al buio e a me era perfettamente sconosciuta.
Interrogatorio del 2 novembre 1975

A domanda risponde: «Quando siamo usciti dalla pizzeria sita a San Paolo, il Pasolini mi ha detto che si dirigeva a “Ostia” senza però precisarmi esattamente il luogo. Prima di quel momento non mi aveva indicato il posto dove mi portava».
Interrogatorio del 13 novembre 1975

«Il luogo è quello descritto, e preciserò meglio quello che ivi è accaduto. Ricordo infatti che il Paolo lasciò la strada asfaltata e si addentrò in un viottolo a terra battuta, e si fermato con l’auto vicino alla porta da calcio. Ricordo che in vicinanza c’erano delle baracche in muratura.
Interrogatorio del 2 novembre 1975


 


[a seguito del rapporto sessuale] Quindi l’uomo mi ha proposto di scendere dalla macchina per prendere un poco di aria; al che ho risposto che sentivo freddo ma ho finito per acconsentire. Infatti mi sono diretto verso la rete seguito dall’uomo che improvvisamente mi poneva le mani sul didietro. Preciso però che prima di mettermi le mani sul didietro l’uomo è venuto addosso a me accostandomisi tutto col bacino e ponendo la sua verga sul mio didietro. Io lo ho scansato, e fu a questo punto che lui mi ha messo le mani sul didietro. Ancora una volta gli ho tolto le sue mani dal mio culo.

Allora l’uomo, chinandosi per terra, ha raccolto un paletto ponendolo contro il mio sedere. Ho scansato ancora una volta l’individuo e sono scappato, inseguito però dal medesimo che, approfittando del fatto che sono inciampato, mi si buttava addosso tenendo sempre in mano il paletto e esercitando una certa pressione col paletto sul mio corpo. Ho cercato di liberarmi della pressione afferrando con le mie mani il centro del paletto che lui teneva, peraltro, alle estremità con entrambe le mani.

Sono riuscito a respingerlo all’indietro con una forte spinta, facendolo cadere col sedere a terra e approfittando della circostanza sono scappato, scivolando però dopo una breve corsa nel fango, sfavorito dal fatto che le mie scarpe avevano il tacco alto. L’uomo mi ha raggiunto e, mentre stavo per terra, mi ha cominciato a menare con il paletto alla testa, alle tempie, al ginocchio, e vibrandomi un pugno al naso, mentre mi intimava di non strillare e di fare quello che voleva lui. Ciò nonostante sono riuscito a sollevarmi in ginocchio, ad afferrarlo poi per i capelli per aiutarmi ad alzarmi del tutto e poi gli ho sferrato due calci o due ginocchiate, non ricordo bene, alla faccia o al petto. Malgrado i colpi l’uomo si è ripreso e si è iniziata allora una colluttazione tra noi due: infatti io tenevo con una mano l’estremità del paletto che lui aveva afferrato per l’altra estremità mentre con l’altra mano ci tenevamo stretti, respingendoci reciprocamente.

L’uomo riusciva però a liberare il paletto dalla mia mano e fu allora che io gli vibrai due calci sui genitali, mentre lui imperterrito continuava a menare coi paletto come se fosse impazzito. Io strillavo sempre, mentre lui mi diceva “T’ammazzo”. Allora mi chinavo per terra, afferrando una tavoletta di forma rettangolare, mentre l’uomo continuava a colpirmi alla spalla con il paletto. Gli vibravo la tavoletta in testa che al primo colpo si è spaccata in due e con il moncone che mi è rimasto in mano l’ho colpito ripetutamente alla nuca e al collo, a casaccio. L’uomo è caduto per terra e sentendolo rantolare sono fuggito dirigendomi verso la macchina sita a una certa distanza, che non so precisare, e terrorizzato per l’accaduto e sanguinante mi ponevo al posto di guida cercando di avviarla.
Interrogatorio del 2 novembre 1975