Elisa Claps, esclusivo: l’analisi grafologica di Danilo Restivo

lettera restivodi Fabio Sanvitale direzione@calasandra.it

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27 aprile 2013

Il processo a Danilo Restivo è finito come doveva finire, ma ci resta la curiosità di capire qualcosa di più, di comprendere come lui sia potuto arrivare a tanto. Per farlo, abbiamo deciso di far esaminare la grafia della lettera che ha scritto alla madre di Elisa, Filomena Iemma. E lo facciamo con Marisa Aloia, che ha una lunga esperienza in questo campo.

La lettera, lo ricordiamo, è ormai cronaca: resa pubblica durante il processo, è quella in cui Restivo chiede al vero assassino di costituirsi.

Cosa La colpisce di questa lettera?

“Un paio di premesse vanno fatte: la prima è che sono pochi gli elementi che si possono analizzare da una fotocopia e quindi sarà un’indagine indicativa. La seconda è che la scrittura è un utile strumento di indagine, ma nel nostro codice di procedura penale non può essere utilizzata per esprimere pareri sulla personalità di un soggetto. Detto questo, innanzitutto mi colpisce il margine molto rientrato a destra, cioè il fatto che la scrittura non si estenda per tutto il rigo” risponde la Aloia “questo ci dice subito una cosa: che il soggetto non vuole andare fino in fondo verso gli altri. Quindi una  persona chiusa, introversa, con molti problemi di amicizia.

Abbiamo i fogli davanti, li guardiamo. La Aloia se li rigira tra le mani. “E’ una scrittura molto statica, ossessiva, compulsiva. Quella di un uomo che ha bisogno di riti per far funzionare tutto, per avere sicurezza”.

Da cosa si vede?

“Lo vediamo, ad esempio, da come pone il puntino perfettamente in asse con la ‘i’. Questo dimostra una pignoleria che sconfina nell’ossessività. Ma c’è dell’altro”.

Cioè? Siamo curiosi.

lettera restivo“Una cosa che mi colpisce è l’uso del corsivo minuscolo per scrivere. E’ sempre una forma di maschera, un modo per farsi accettare, per mostrarsi quello che non è tramite una grafia gradevole da vedere. Un’altra è il modo in cui ha occupato lo spazio sul foglio. Tra bianco e nero prevale il nero…questo dà una sensazione di soffocamento, non è una grafia libera, ariosa, è concentrata, chiusa su sé stesso, come se ogni cosa che fa venisse fagocitata, non fosse divisa con gli altri”.

E in effetti è vero, la sensazione è quella. Ed è dovuta, secondo la Aloia, anche “all’estensione della grafia, tutta verticale e stretta. Questo ci dice che Restivo ha poco tempo di rielaborazione, che non riesce a controllare gli impulsi, una cosa che si pone in grande contrasto con la sua apparente meticolosità”.

Ma oltre questo c’è anche qualcos’altro, che ha colpito anche noi: la firma. Giriamo il foglio, eccola. Così strana: a destra, dove ognuno di noi l’avrebbe messa, Restivo ha ripetuto la data, mentre la firma l’ha messa sinistra. Qui c’è un grumo di parole, che sta tra un formalissimo “cordiali saluti” e un “sig. Danilo Restivo”.

“E’ davvero una firma molto indicativa, questa” ci spiega la Aloia “perché noi scriviamo da sinistra da destra, dove sinistra indica il passato e destra il futuro verso cui tendiamo. E lui che fa? Si appoggia completamente a sinistra. Evidentemente lì, nel passato cioè, si sente più protetto, più al sicuro appoggiandosi alla famiglia. Ma questa, più che una firma, è una sigla. Una sigla che ci fa capire cosa è importante per lui, perché la scrittura è come vogliamo apparire agli altri, come vogliamo esser visti, ma la firma ci rappresenta, come un sigillo personale. Restivo ha posto la sua tra due righe molto formali, innanzitutto, e quello che colpisce è il paraffo finale, quel segno che chiude la lettera “o” e torna indietro”.

Cos’ha di particolare?

“Che copre la firma, ha un movimento regressivo, quasi a nasconder, ancora una volta, la sua personalità”. La Aloia aggiunge anche un altro particolare, però. “Un’ultima cosa: è la forma di alcune consonanti, che mi colpisce. Perché appaiono davvero diverse da come ce le aspetteremmo. È un segno che indica che esiste una qualche tara in Restivo, che se esiste una tara nella sua famiglia, allora è giunta fino a lui”.

Lasciamo i fogli sul tavolo e ci salutiamo. Sappiamo di aver guardato in faccia una personalità complessa, articolata, piena di doppi fondi che, per anni e anni, nessuno decise di curare. Forse bisognava salvare le apparenze. I risultati, purtroppo, sono sotto gli occhi di tutti.

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